di Domenico Vito,
Giacomo di Capua
per Osservatorio Parigi
(il commento contiene sintesi e riferimenti al testo del PNACC per facilitare la comprenione)
Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, pubblicato dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica il 28 dicembre 2022, è finalizzato a porre le basi per una pianificazione di breve e di lungo termine per l’adattamento ai cambiamenti climatici, attraverso la definizione di specifiche misure volte sia al rafforzamento della capacità di adattamento, attraverso il miglioramento e la messa a sistema del quadro conoscitivo, sia allo sviluppo di un contesto organizzativo ottimale, che sono propedeutiche e indispensabili alla pianificazione e all’attuazione di azioni di adattamento a livello nazionale.
Essendo il tema fortemente trasversale, il piano promuovore la pianificazione di azioni adeguate necessita di:
– una base di conoscenza dei fenomeni che sia messa a sistema;
– un contesto organizzativo ottimale;
– una governance multilivello e multisettoriale
1. Obiettivi e misure del Piano
L‘obiettivo generale del PNACC è declinato attraverso quattro obiettivi specifici:
- definire una governance nazionale per l’adattamento, esplicitando le esigenze di coordinamento tra i diversi livelli di governo del territorio e i diversi settori di intervento
- migliorare e mettere a sistema il quadro delle conoscenze sugli impatti dei cambiamenti climatici sugli impatti dei cambiamenti climatici, sulla vulnerabilità e sui rischi in Italia;
- definire le modalità di inclusione dei principi, delle azioni e delle misure di adattamento ai cambiamenti climatici nei Piani e Programmi nazionali, regionali e locali per i settori d’azione individuati nel PNACC, valorizzando le sinergie con gli altri Piani nazionali;
- definire modalità e strumenti settoriali e intersettoriali di attuazione delle azioni del PNACC ai diversi livelli di governo.
Il piano identifica
- Misure soft: includono misure di policy, giuridiche, sociali, gestionali, finanziarie, che possono modificare il comportamento e gli stili di vita, contribuendo a migliorare la capacità adattiva e ad aumentare la consapevolezza sui temi del cambiamento climatico.
- Misure verdi: prevedono azioni basate sulla natura/ecosistemi, che impiegano i servizi multipli forniti dagli ecosistemi naturali per migliorare la resilienza e la capacità adattiva.
- Misure infrastrutturali/tecnologiche: (ALSO KNOWN as misure Grigio ) interventi fisici e/o misure costruttive utili a rendere gli edifici, le infrastrutture, le reti, i territori, più resilienti ai cambiamenti climatici.
2. Percorso del PNACC
Il percorso che il Ministero ha deciso di intraprendere per dotarsi di un Piano nazionale di adattamento consta di due fasi complementari e consecutive tra loro: una prima fase, che si concluderà, a seguito del procedimento di VAS, con l’approvazione del PNACC e, una seconda fase, che si concretizzerà con la definizione di modalità e strumenti settoriali e intersettoriali, di attuazione delle misure del PNACC ai diversi livelli di governo.
PRIMA FASE
La prima fase è caratterizzata da un articolato iter che è stato avviato nel 2017, così come previsto dalla SNAC. Nel 2018, a seguito della condivisione dei documenti di Piano con la Conferenza Stato-Regioni, il Ministero ha ritenuto che la redazione del Piano dovesse avvenire nell’ambito di un processo partecipativo strutturato, quale quello incluso nel procedimento di Valutazione Ambientale Strategica. Si è dunque proceduto alla verifica di assoggettabilità a VAS nel 2020 e alla fase di scoping nel 2021, che si è conclusa con la comunicazione dell’Autorità competente, il 3 giugno 2021, che ha trasmesso il parere della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale – VIA e VAS, n. 13 del 3 maggio 2021.
SECONDA FASE
A seguito dell’approvazione del PNACC si aprirà la seconda fase del percorso, finalizzata a garantire l’immediata operatività del Piano mediante il lancio delle azioni. Questa fase, che sarà gestita dalla struttura di governance, è finalizzata alla pianificazione ed attuazione delle azioni di adattamento nei diversi settori attraverso la definizione di priorità, ruoli, responsabilità e fonti/strumenti di finanziamento dell’adattamento e, infine, la rimozione sia degli ostacoli all’adattamento costituiti dal mancato accesso a soluzioni praticabili, sia degli ostacoli di carattere normativo/regolamentare/procedurale.
I risultati di questa attività convergeranno in piani settoriali o intersettoriali, nei quali saranno delineati gli interventi da attuare.
3. Struttura
Il PNACC contiene un insieme di azioni finalizzate allo sviluppo di un contesto organizzativo ottimale a livello nazionale, oltre che al rafforzamento della capacità di adattamento, presupposti indispensabili per una corretta pianificazione di azioni efficaci. Inoltre, esso contiene un insieme di azioni settoriali, presentate attraverso un Database, che troveranno applicazione nei Piani settoriali e intersettoriali, nelle modalità che saranno individuate dalla struttura di governance.
La struttura del PNACC è articolata come segue:
1. Il quadro giuridico di riferimento
2. Il quadro climatico nazionale
3. Impatti dei cambiamenti climatici in Italia e vulnerabilità settoriali
4. Misure e azioni di adattamento
5. Governance dell’adattamento
Al fine di supportare la mappatura delle criticità ambientali e delle specificità del contesto a scala regionale e locale con un numero maggiore di informazioni, il piano considera 27 indicatori climatici i (si veda per i dettagli la Tabella XX degli indicatori di riferimento).
Per ciascun indicatore sono state riportate le seguenti informazioni:
- la definizione dell’indicatore climatico;
- le variabili atmosferiche su cui si basa;
- le unità di misura dell’indicatore e della sua variazione;
- la scala temporale su cui l’indicatore è valutato (stagionale/annuale);
- i riferimenti bibliografici da cui è stata derivata la definizione dell’indicatore;
- il pericolo climatico al quale l’indicatore è correlato (sulla base di quanto elaborato da studi analoghi disponibili in letteratura);
- il settore principalmente e potenzialmente interessato dal suddetto pericolo climatico.
Tali indicatori sono calcolati sia in termini assoluti, come valori medi sul periodo di riferimento che in termini di variazione tra il periodo futuro selezionato e quello di riferimento, utilizzando differenti scenari di concentrazione e molteplici modelli climatici
4. Scenari Climatici prospettati
Il quadro climatico nazionale riporta l’analisi del clima sul periodo di riferimento 1981-2010 e le variazioni climatiche attese sul trentennio centrato sull’anno 2050 (2036-2065), rispetto allo stesso periodo 1981-2010, considerando i tre scenari IPCC:
- RCP8.5 “Business as usual”,
- RCP4.5 “Forte mitigazione”,
- RCP2.6 “Mitigazione aggressiva”.
Per il clima sul periodo di riferimento è stato utilizzato il dataset grigliato di osservazioni E-OBS (Cornes et al., 20183; Haylock et al., 20084) versione 255 alla risoluzione di circa 12 km. mentre le variazioni climatiche attese sono state ottenute a partire da un ensemble di modelli climatici disponibili nell’ambito del programma EURO-CORDEX (Hennemuth et al., 20176; Jacob et al., 20207 alla maggior risoluzione disponibile (circa 12 km).
Come riferimento, è stato utilizzato il periodo 1981-2010 in quanto le simulazioni relative allo scenario IPCC “historical experiment” sono disponibili fino al 2005.
- Per la stima delle variazioni future il periodo di riferimento è stato quindi ottenuto utilizzando le simulazioni “historical experiment” per il periodo 1981-2005, e i dati basati sullo scenario IPCC RCP4.5 per il periodo 2006-2010.
- Pertanto, anche per l’analisi del clima osservato si è considerato il periodo 1981-2010.
- Per approfondire la valutazione della condizione climatica osservata sul periodo più recente 1991-2020 si rimanda ai report ISPRA, descritti nel dettaglio nel paragrafo 2.1.
4.1. Analisi dello stato attuale
L’analisi del clima sul periodo di riferimento 1981-2010 è stata effettuata utilizzando il dataset osservativo grigliato E-OBS. Tale dataset fornisce dati giornalieri di precipitazione, temperatura e umidità su un grigliato regolare con risoluzione orizzontale di circa 12 km (0.1° x 0.1°) sull’intero territorio nazionale. Sebbene tale dataset sia largamente utilizzato per lo studio delle caratteristiche del clima e sia costantemente aggiornato e migliorato sull’area europea, è importante sottolineare che esso presenta alcune limitazioni dovuta all’accuratezza dell’interpolazione dei dati, che, in particolare risulta ridotta al diminuire della densità del numero di stazioni, come accade nel territorio del sud Italia e in corrispondenza di aree ad orografia complessa. Tale dataset è stato selezionato in quanto è quello che attualmente rende disponibile il maggior numero di variabili osservate, spazializzate sull’intero territorio nazionale,
4.2 Valutazione delle proiezioni climatiche future
le variazioni climatiche degli indicatori precedentemente identificati sono anche valutati dal piano per il periodo futuro 2036-2065 (centrato sull’anno 2050), rispetto al periodo di riferimento 1981-2010.
Vengonoutilizzate alcune delle simulazioni del programma EURO-CORDEX disponibili in C3S; in particolare per ogni scenario sono stati utilizzati 14 possibili simulazioni climatiche, in accordo con quanto attualmente disponibile sulla piattaforma Copernicus.
5. Impatti climatici su aree settoriali
5.1 SICCITA E DISSESTO IDROGEOLOGICO
Per quanto riguarda il dissesto geo-idrologico, sono state valutate diverse caratteristiche delle precipitazioni intense e dalle analisi si evince un generale incremento sia dei cumuli giornalieri sia dell’intensità e della frequenza degli eventi estremi di precipitazione, specie per lo scenario RCP 8.5, ed in particolar modo per le aree del centro-nor.
Questo aspetto denota un potenziale aumento del pericolo per fenomeni di frane meteo-indotte e fenomeni di alluvioni che tuttavia necessita di essere studiato con maggior dettaglio locale grazie a modelli di impatto accoppiati con modelli di pericolo.
Per quanto attiene il fenomeno della siccità, esso viene valutato mediante l’indice SPI (McKee et al. 199326) considerando diverse finestre temporali per i cumuli di precipitazione (3 mesi, 6 mesi, 9 mesi, 12 mesi e 24 mesi). Tale indice, a seconda dell’arco temporale considerato, può fornire indicazioni su impatti immediati, medio e lungo termine.

(Tratto da PNACC)
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5.2. Criosfera e montagna
La criosfera, l’insieme di neve, ghiacciai e permafrost, è fortemente impattata dai cambiamenti climatici: negli ultimi decenni la durata e lo spessore della neve si sono fortemente ridotti così come lo stock idrico nivale che si accumula ogni anno a fine inverno. I ghiacciai hanno già perso dal 30 al 40% del loro volume.
Nella figura X si riporta il bilancio di massa netto per alcuni ghiacciai italiani elaborato da ISPRA (SNPA, 2021). Tale indicatore rappresenta la somma algebrica tra la massa accumulata, derivante dalle precipitazioni nevose invernali e primaverili, e la massa di ghiaccio persa nel periodo di fusione (ablazione). Sebbene la disponibilità del dato, con una adeguata copertura temporale, sia relativa a un numero limitato di corpi glaciali la misura del bilancio di massa è un’informazione rilevante degli effetti del clima sui ghiacciai.

(Tratto da PNACC)
I dati delineano quadro molto articolato, dove la fusione dei ghiacciai rappresenta la risultante del fattore termico a cui si combinano le variazioni della distribuzione delle precipitazioni nel corso dell’anno e le condizioni climatiche peculiari.
Il cosiddetto “peak water”, il fenomeno di aumento temporaneo della portata dei torrenti di montagna causata dall’incremento della fusione glaciale che si esaurisce quando il ghiacciaio si estingue o si ritira a quote talmente elevate da non poter più fondere, è già stato raggiunto nella maggior parte dei bacini glaciali italiani.
La temperatura del permafrost sta aumentando in modo significativo in tutti i siti di misura alpini così come lo spessore dello strato di terreno o roccia che annualmente viene scongelato.
Queste tendenze continueranno nei prossimi decenni in funzione dell’intensità dell’aumento delle temperature globali.
La durata della copertura nevosa nei fondo-valle e sui versanti meridionali fino a 2.000 m si ridurrà di 4/5 settimane e di 2/3 settimane a 2.500 m. Il ritiro dei ghiacciai continuerà ad accelerare così come la degradazione del permafrost.
È soprattutto per la presenza di neve e ghiaccio che le montagne sono considerate “water towers” capaci di fornire acqua ai territori a valle e alle pianure compensando la riduzione delle precipitazioni estive tipiche dei climi italiani.
Il contributo della fusione di neve e ghiaccio al deflusso totale dei fiumi italiani può variare dal 5% nelle regioni meridionali al 50-60% del bacino padano.
Rispetto ad altre aree montane, le regioni alpine sono particolarmente vulnerabili a causa dell’alta densità di popolazione, della significativa frequentazione turistica e dell’elevata estensione della superficie interessata da ghiacciai e permafrost.
La degradazione del permafrost può ridurre la stabilità dei pendii e incidere sulla stabilità delle infrastrutture in alta montagna (funivie, rifugi, edifici, tralicci). Le valanghe di ghiaccio, la caduta di seracchi e lo svuotamento improvviso di sacche d’acqua glaciali sono processi legati all’interazione tra il riscaldamento globale e la naturale evoluzione dei ghiacciai.
5.3. Risorse Idriche
In riferimento al trentennio 1991-2020, in Italia si è stimato un apporto di acqua piovana di circa 285 miliardi di m3, corrispondente ad un’altezza di precipitazione media annuale di circa 943 mm.
Il 53% delle precipitazioni (circa 498 mm) è ritornato in atmosfera per evapotraspirazione; il restante 47%, rimasto al suolo, viene ripartito tra infiltrazione nel sottosuolo (21%) e deflusso superficiale (26%) (ISTAT, 2022).
Nel 2020 si è registrato un calo delle precipitazioni rispetto al periodo climatico 1971-2000 (CLINO: Normale Climatologica di riferimento).
In particolare, il PNACC verifica una precipitazione totale annua pari a 661 mm corrispondente ad una diminuzione di precipitazione di -132 mm (ISTAT, 2022). Le precipitazioni annue totali, in riferimento al CLINO per le diverse regioni italiane, mostrano anomalie di distribuzione significative sul territorio in linea con le previsioni messe in luce nell’ultimo rapporto IPCC 2022, che stanno determinando, sia a scala globale che nazionale, delle anomalie meteoclimatiche critiche ed estreme.

(Tratto da PNACC)
5.4. Salute
In Italia, a causa dell’elevata percentuale di popolazione con età superiore ai 65 anni (23% circa nel 2020, ISTAT) sono le temperature estreme e le ondate di calore a rappresentare una forte criticità. Nel giugno di quest’anno (2022) il Ministero della Salute ha registrato complessivamente una mortalità del 9% superiore all’atteso nelle città italiane monitorate dal Sistema di Sorveglianza della Mortalità Giornaliera; nella prima metà di luglio 2022 si è osservato complessivamente un incremento significativo della mortalità pari a +21% con incrementi in diverse città dove si è verificata l’ondata di calore (Ministero della Salute e DEP Lazio, 2022).
Dal 2004 è attivo il Sistema Nazionale di allarme per la prevenzione degli effetti delle ondate di calore sulla salute (HHWWS), gestito centralmente dal DEP Lazio in collaborazione con il Ministero della Salute e il Dipartimento della Protezione Civile.
Il Sistema, operativo in 34 città italiane distribuite su tutte le regioni e con una copertura del 93% della popolazione urbana nazionale sopra i 65 anni (WHO, 2018), consente di individuare le condizioni meteo-climatiche che possono avere un impatto significativo sulla salute dei soggetti vulnerabili, e diramare conseguentemente dei bollettini di allerta. In base alla letteratura ad oggi disponibile, gli episodi di mortalità legata a calore estremo sembra siano andati diminuendo, soprattutto nelle città che hanno attivato il protocollo di allerta e prevenzione previsto dal piano (WHO, 2018).
Tuttavia, l’Italia rimane uno dei paesi in Europa con i più alti tassi di mortalità sia per temperature elevate sia, più specificamente, per le temperature estive (WHO, 2018, Martínez-Solanas et al., 2021). Il costo della mortalità da stress termico come proporzione del Prodotto Nazionale Lordo è aumentato dallo 0.64% del 2000 all’1.03% nel 2017 (Watts et al., 2020). Seppur solo indirettamente connesso al cambiamento climatico, l’Italia presenta anche il più alto costo in Europa da impatti sulla salute per inquinamento dell’aria

(Tratto da PNACC)
In seguito all’aumento delle temperature medie ed estreme lo stress da caldo sulla popolazione è previsto in decisa crescita.
Secondo Naumann et al. (2020) il numero di persone esposte ad episodi di caldo particolarmente intenso (ondate di calore con periodo di ritorno di 50 anni) nella penisola aumenterebbe, rispetto alla situazione attuale, da 10 a 15 volte in uno scenario RCP 2.6 e da 15 a 20 volte in uno scenario RCP 4.5.
Questo a sua volta comporterebbe un aumento della morbilità e mortalità associate.
Nello scenario RCP 4.5 si stima un aumento della mortalità tra l’86% e il 137% con un impatto sul PIL che salirebbe da circa l’1% attuale al 2%.
6. Il commento dell’Osservatorio Parigi
Il documento e i vari allegati hanno un forte contenuto scientifico e tecnico. Sono sicuramente ricevibili da addetti ai lavori, ma meno da attori non tecnici e non istituzionali. La parte scientifica è completa e ben spiegata nonché corredata da adeguate fonti e riferimenti alla best available science. Il quadro normativo richiama adeguatamente il framework dell’UNFCCC e i gli elementi importanti dell’accordo di Parigi e dell’Agenda 2030.
Tuttavia mancano approcci innovativi ed il collegamento a quadri o metodologie strategiche sull’adattamento anche di ordine internazionale.
L’approccio appare molto deterministico riduzionista , a fronte di una necessità di un approccio
sistemico ed inclusivo che consideri anche la partecipazione come elemento strategico.
Non si evince chiara una richiesta di coinvolgimento dei giovani nella parte di implementazione
così come di donne, anziani, piccoli agricoltori ed altri gruppi di attori della società civile.
Bene l’accompagnamento di documenti di guida per livelli sub-nazionali, ma questi documenti
sono troppo marginali anche nella comunicazione nonostante la loro potenziale importanza
per una strategia compliante.
Poche sono le infografiche e le grafiche esplicative.
Per quanto riguarda il capitolo sulla salute, vengono evidenziati soprattutto i rischi del cambiamento climatico.
Si potrebbero valorizzare anche i co-benefits dell’adattamento in termini di impatti della salute,
secondo la logica anche espressa dalla Lancet Countdown Commission secondo la quale “il
cambiamento è la più grande minaccia per i sistemi sanitari ma anche la più grande
opportunità di cambiamento” (COP27).
Nonostante le ripetute esortazioni da parte di UNFCCC ed OMS affinchè Paesi membri non solo integrino all’interno dei propri NAPs una componente specifica sull’adattamento e resilienza in ambito sanitario ma creino dei piani ad-hoc per quest’area critica di vulnerabilità ai cambiamenti climatici (i cosidetti HNAPs – Health National Adaptation Plans; WHO, 2021; Ebi & Villalobos Prats, 2015), le azioni di adattamento incluse nel PNACC italiano risultano inadeguate e pauche rispetto alle linee guida OMS in tale merito. Delle 361 azioni identificate (PNACC, Allegato IV), solamente il 5.54% (n = 20) risultano incentrate sul tema sanità e la totalità di queste ricade nella tipologia di misure soft (Governance: 10; Informazione: 8; Processi organizzativi e partecipativi: 1; Azioni di adeguamento e miglioramento di impianti e infrastrutture: 0). In aggiunta, delle metriche d’impatto definite per le 20 azioni in materia santiaria, il 25% risulta privo di metriche (“n.a.”) ed il 21% dei restanti interventi viene definito di “basso” o “medio” impatto.
Altresi, il framework One-Health (2015, the Rockefeller Foundation-Lancet Commission) potrebbe guidare ulteriori sviluppi di interventi strutturali necessari al corretto adattamento del sistema sanitario di sorveglianza, prevenzione e cura agli impatti previsti dai cambiamenti climatici su vulnerabilità socio-economico-sanitarie pre-esistenti (quale l’asimmetria della primamide demografica nazionale) che lo stesso PNACC riconosce.
A valle dei documenti servirebbe un forte campagna di disseminazione, sensibilizzazione,
empowerment della cittadinanza per evitare fake news e disinformazione.
6.1 Possibili elementi migliorativi
A valle dell’analisi proposta, qui alcuni possibili suggerimenti migliorati dell’attuale gia ottima versione del documento
- fare riferimento a framework internazionali sull’adattamento
- promuovere il coinvolgimento dei non-state actors come giovani, donne, anziani e soggetti più vulnerabili favorendo insieme all’adattamento l’Action for Climate Empowerment
- Introdurre i concetti di One-Health, Planetary Health and Health Co-benefits nella strategia enelle sue declinazioni
- Includere urgenti misure di adattamento hard (ossia, infrastrutturale) agli impatti sanitari previsti negli scenari meno conservativi
- Includere il ruolo dei giovani ad esempio attraverso gli Adaptation Youth Forum (promossi dal Global Center for Adaptation) e trovare delle sinergie con questi strumenti
- introdurre il concetto di Climate Resilient Development presentato dall ‘IPCC alla COP27 e incluso nell’AR6 dell’IPCC
- fornire un summary/ breviario / decalogo , semplificato per piccoli borghi e comuni, che sono
- un elemento costitutivo importante del tessuto abitativo e urbano del contesto italiano
- favorire il ruolo delle tradizioni e conoscenze locali italiane nelle strategie, anche per avere unamiglior accountability dei processi, specialmente nelle periferie