Di Magali Prunaj
Accendiamo la radio, la TV, ascoltiamo una canzone o un podcast, apriamo Internet e leggiamo articoli di varia natura ma, sempre più spesso, incappiamo in un unico tema ricorrente: i cambiamenti climatici.
Non esiste un pianeta B, riduciamo le nostre emissioni, smettiamola di inquinare, proteggiamo la nostra Terra e via dicendo.
Slogan, forse, convinzioni, forse, realtà sicuramente.
Tutti siamo a conoscenza dei cambiamenti climatici e di cosa comportano e tutti conosciamo quali devono essere, o almeno dovrebbero essere, i comportamenti virtuosi da tenere e mantenere per migliorare la situazione, o almeno provarci.
E invece ecco che oggi noi italiani siamo arrivati al giorno peggiore dell’anno, il punto di non ritorno per l’ambiente: abbiamo finito tutte le risorse naturali dell’anno 2023.
Ogni anno la Terra autoproduce risorse ambientali bastevoli per l’intero anno solare, noi le usiamo, anzi sfruttiamo come se avessimo a disposizione 2 pianeti Terra o 5 Italia, nel nostro caso.
Le diete si iniziano sempre di lunedì e il nostro paese, invece, di lunedì decide di super nutrirsi prendendo in prestito dal prossimo anno, prendendo in prestito dal futuro dei nostri figli.
Ma l’overshoot non è un fenomeno tutto italiano, ogni paese purtroppo ha il suo primato nero: il Qatar esaurisce le sue risorse già in febbraio, seguito a ruota in marzo da Stati Uniti, Canada, Belgio, Australia, Danimarca. Germania e Francia, invece, ci precedono di soli dieci giorni.
Questi dati, che hanno stabilito l’overshoot globale anche quest’anno per il 28 di luglio, vengono raccolti in modo scientifico dal Global Footprint Network, un contenitore di idee indipendente nato nel 2003 negli Stati Uniti e poi estesosi anche a Belgio e Svizzera, che analizza i dati statistici raccolti dalle Nazioni Unite sugli sprechi mondiali.
Anche se l’Italia non è il peggiore in assoluto, il paese del Sol Levante ad esempio si comporta come se avesse a disposizione otto Giappone, per non parlare poi di Cina, India o Regno Unito, la questione sia nazionale che mondiale è estremamente complicata e forse non facile da capire nell’immediato.
Le ondate di calore anomale, lo scioglimento dei ghiacciai e l’inverno sempre più mite e asciutto sono tutte conseguenze di quanto stiamo dicendo, sintomi che, uniti al consumo di suolo e alla deforestazione, hanno progressivamente contribuito al declino della biodiversità, a un aumento di gas serra nell’atmosfera, a una sempre maggiore competizione per l’energia e le risorse alimentari.
Secondo il Global Footprint Network sono necessari 19 anni senza consumi per permettere al pianeta di rigenerarsi. Una previsione abbastanza irrealizzabile nonostante i vari accordi e i vari incontri internazionali sul clima. Mentre è sicuramente più attuabile una politica nazionale e dei comportamenti personali con lo scopo di ridurre gli sprechi e diminuire il consumo delle risorse. Ad esempio, se lo spreco alimentare venisse dimezzato le lancette dell’”overshoot” potrebbero essere spostate di 13 giorni in avanti. Così come preferire metodi di trasporto meno inquinanti ci farebbero guadagnare 10 giorni, mentre altri 9 li otterremmo grazie allo sfruttamento nazionale di energia eolica, come già succede in Germania e Danimarca. Mettendo in essere pochi e semplici comportamenti virtuosi guadagneremmo un mese di risorse in più, se poi riuscissimo ad aggiungerne altri (per una lista più completa è possibile consultare la piattaforma www.overshootday.org/power-of-possibility/ ) potremmo guadagnare abbastanza tempo per tornare indietro agli anni 2000 quando esaurivamo le risorse globali a “soli” 100 giorni dalla fine dell’anno.
Ben consapevoli che si tratta di un’ipotesi irrealistica, gli esperti hanno anche calcolato che se riuscissimo a seguire queste indicazioni tanto da ritardare la data dell’”overshoot” di sei giorni fino al 2050 la Terra dovrebbe riuscire a rigenerarsi.
Ma dopo tante medaglie nere finalmente troviamo un paese virtuoso: la Jamaica, infatti, esaurisce le sue risorse nella seconda parte di dicembre 2023.