Di Irene Abra
All’apertura della 27ª Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), più di 200 persone provenienti da molte tradizioni religiose e da diverse parti del mondo si sono riunite a Sharm el Sheik in Egitto.
I leader religiosi di tutto il mondo sono tra le migliaia di membri della società civile presenti alla COP27, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, tenutasi a Sharm el-Sheikh, in Egitto. Hanno assistito con preoccupazione allo stallo dei negoziati e hanno spinto per una maggiore ambizione nel prevenire le drastiche conseguenze previste se l’aumento della temperatura globale superasse 1,5°C, per sostenere le comunità e le nazioni più vulnerabili che oggi affrontano il peso degli impatti del cambiamento climatico e per garantire che i diritti umani, una lente di genere e la conoscenza delle popolazioni indigene siano sanciti nelle strutture e nel lavoro dell’UNFCCC e delle sue parti nell’affrontare l’emergenza climatica.
Le confessioni religiose hanno avuto nel corso degli anni un importante presenza alle Conferenze della Parti, in quanto è stato fondamentale per le varie comunità poter contribuire e partecipare ai negoziati.
Il giorno prima dell’apertura ufficiale della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP27) a Sharm el-Sheikh, in Egitto, i rappresentanti di diverse fedi si sono riuniti presso la Qesm Sharm Ash Sheikh, o Cattedrale Celeste, che ospita i fedeli della Chiesa copta ortodossa, per condividere le loro prospettive sulla crisi climatica [1].
Oltre ai giovani facenti parte della costituency giovanile della Nazioni Unite è importante sottolineare la presenza di diversi attivisti di Climate YES[2] , appartenenti a diverse organizzazioni, quali Green Anglicans, Lutheran World Federation), Christian Aid, Tearfund, All Africa Conference of Churches ed Act Alliance, i quali hanno fatto un enorme lavoro in Egitto.
L’11 novembre, Climate YES ha ospitato un evento dal titolo “Dialogo intergenerazionale”.
L’evento ha stimolato il dialogo intergenerazionale nei processi decisionali e in particolare nell’affrontare le perdite e i danni indotti dal clima. È necessario un dialogo intergenerazionale nell’allocazione delle risorse finanziarie per garantire responsabilità, trasparenza e senso di responsabilità. Molte persone in tutto il mondo sono colpite negativamente dalla crisi climatica e, soprattutto i giovani, non hanno accesso all’acqua, al cibo e ai beni di prima necessità perché sono colpiti da eventi meteorologici avversi. Climate YES è un movimento globale e il nostro obiettivo è quello di fornire soluzioni globali, ma anche di guidare l’implementazione a livello di base per il bene comune dell’umanità ( Cyprian Kiteng’e Climate Coordinator for Africa).
Come team di giovani metodisti europei per il clima[3] , in queste settimane abbiamo preparato delle risorse tra cui preghiere e azioni da intraprendere durante la COP e oltre, oltre a questi abbiamo preparato una guida il cui titolo è “How to save the planet” (tradotto in italiano “come salvare il pianeta”) questa guida ha lo scopo di aiutare e supportare il ministero e le attività di coloro che sono impegnati nelle chiesa dando loro dei consigli e suggerimenti utili su come affrontare la questione del cambiamento climatico in chiesa. Alexandra Masako Goossens-Ishii, rappresentante della SGI[4] presso le Nazioni Unite, commenta: “Sebbene le perdite e i danni dovuti al cambiamento climatico siano finalmente in cima all’agenda, permangono profonde divisioni su come affrontarli. Credo che le comunità di fede abbiano una voce morale unica nel chiedere ai leader mondiali di prendere le decisioni necessarie per passare a una transizione giusta per tutta l’umanità, incarnando allo stesso tempo uno spirito resiliente, fornendo sostegno alla comunità e muovendosi verso una transizione giusta a livello locale”.
[1] https://www.oikoumene.org/news/interfaith-dialogue-promotes-holistic-reflection-on-climate-change-on-eve-of-cop27-in-egypt
[3]https://www.methodist.eu/news/young-european-methodists-care-about-climate-justice
[4] La Soka Gakkai è una comunità buddista di 12 milioni di persone che promuove la pace, la cultura e l’educazione. La Soka Gakkai Internazionale (SGI) è una ONG con status consultivo presso le Nazioni Unite che si impegna a rafforzare i legami tra individui, società civile e ONU.