Di Magali Prunaj
Quando un bambino fa i capricci e non vuole mangiare molti adulti puntano sui sensi di colpa: “pensa a tutti quei poveri bambini che muoiono di fame”.
Questo sistema, spesso usato più per disperazione che per una vera preoccupazione nei confronti del cibo che andrà sprecato o le catastrofi umanitarie che ci circondano, punta molto sul senso di colpa che inevitabilmente scaturirà nei nostri figli che, per capriccio o altro, continueranno a non mangiare ma allo stesso tempo si sentiranno responsabili nei confronti di chi verrà loro descritto come “meno fortunato”.
Tralasciando l’errore di creare meccanismi di colpevolezza legati all’alimentazione (la percentuale di obesità infantile in Italia è alle stelle come l’anoressia insorge sempre prima), ha senso innescare un meccanismo di colpevolezza in chi non ha alcun tipo di responsabilità? Un bambino felice è responsabile dell’infelicità di un coetaneo distante da lui migliaia di km?
A 4 o 5 anni sicuramente non possiamo sopportare sulle nostre spalle tutti i mali del mondo e di certo non siamo responsabili per dove siamo nati. Non è colpa del bambino che quel giorno proprio non vuole mangiare i broccoli se ha una casa calda e accogliente, la pancia, secondo la sua percezione, sempre piena, se può andare, suo malgrado, a scuola tutti i giorni, se può correre dal pediatra per ogni raffreddore, anche il più insignificante, se può vestirsi e mascherarsi a suo piacimento e giocare a casa o al parco.
Se vogliamo parlare di colpa, allora, il dito va puntato contro di noi, gli adulti. Quelli maturi e grandi abbastanza per sapere e decidere cosa è bene e male. Quelli che minacciano i propri figli con il bambino che muore di fame e non agiamo, neanche in minima parte, perché i figli di qualcun altro abbiano la possibilità di fare lo stesso capriccio. Perché non agiamo affinché altri minori possano avere le stesse fortune di quei nanetti con le mani perennemente appiccicose e i nasi sempre sporchi che ci girano per casa sostenendo di essere i nostri figli.
Ci sono minori che muoiono di freddo a pochi mesi di vita, che non hanno una casa, che non hanno libero accesso ad acqua potabile, cibo o cure mediche. Ma per trovare il degrado più assoluto non c’è bisogno di andare a cercare i bambini soldato, quei bambini prelevati a forza dai loro villaggi e costretti a imbracciare un fucile per combattere assurde guerre e guerriglie o quelle bambine che, costrette a sposare uomini tanto più vecchi di loro, vengono ripetutamente violentate. No, non c’è bisogno di andare così lontano perché la povertà, il malessere, le difficoltà si nascondono ovunque, anche dietro l’angolo di casa propria.
Nel 1989, il 20 novembre, l’ONU approvò una risoluzione ratificata quasi da ogni stato, gli Stati Uniti si sono sempre rifiutati. Un documento che sancisce una volta per tutte, nero su bianco, i diritti dei bambini.
Il diritto al nome, ad esempio, è stato considerato importante da ricordare e sancire. Tutti dobbiamo avere un nome per essere identificati, come persone e non come oggetti. Anche se qualche bambino avrebbe da ridire sul punto, l’istruzione è un diritto inviolabile del minore. Avere accesso alla scuola rende in un qualche modo liberi e autonomi. La convenzione, poi, ribadisce l’importanza del diritto al cibo, a una famiglia e al gioco.
Forse uno dei diritti più belli e interessanti della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia è proprio quello al gioco.
Un bambino non deve lavorare, il bambino ha diritto a giocare perché la sua creatività si sviluppi al meglio delle sue potenzialità e perché rimanga estraneo, per il maggior tempo possibile, alle complicazioni della vita.
Un concetto molto bello che da più di trent’anni innamora esperti di ogni sorta ma che, ad oggi, rimane il più difficile da praticare.
E quindi oggi, ma anche domani, facciamo un salto in farmacia ad acquistare un medicinale per minori bisognosi e informiamoci per far avere a bambini che non hanno e non hanno avuto le nostre stesse possibilità un quaderno, una penna o un peluche. Per noi è una spesa minima, per qualcuno sarà un anticipo di Natale.