Lasciamo per un giorno Tbilisi e ci dirigiamo verso nord: meta finale Stepantsminda.

La cosa che subito si nota sono le strade. Non ci sono autostrade, è tutta strada statale e si intuisce subito che i 165 km che separano la capitale dalla città di Santo Stefano richiederanno almeno 4 ore di percorrenza.

La prima tappa è l’antichissimo monastero di Jvari, Santa Croce.

Monastero di Jvari e confluenza dei fiumi Kura e Aragvi

Qui secondo la storia, che un po’ si mischia alla agiografia, Santa Nino eresse una croce che presto rivelò i suoi poteri taumaturgici. L’afflusso di pellegrini da Albania Caucasica, Iberia e Colchide era tale da rendere necessaria la costruzione di un monastero all’inizio del VII secolo d.C.

. E il monastero che si può vedere ora sostanzialmente è lo stesso di 14 secoli fa. Un vero gioiello di architettura bizantina tardo antica. Solida pietra, fatto per durare, eretto sul cucuzzolo di una alta collina prospiciente la confluenza dei fiumi Kura e Aragvi e dominante la città di Mischeta, nel cui distretto il monastero è situato. La chiesa, circondata da ruderi di antiche mura, è un perfetto esempio di edificio a quattro absidi a croce inscritta, tipico della monumenalità romana orientale.

 Sebbene i bizantini non fossero mai riusciti a dominare la Georgia direttamente, le alterne fasi di vassallaggio e la comunanza della cultura cristiana, a fronte dello zoroastrismo prima e dell’islam poi dell’mondo persiano e turco, resero i paesi caucasici assai permeabili agli influssi culturali provenienti da Costantinopoli. Della antica croce rimane solo il piedistallo, tuttora venerato, ma sono visibili bassorilievi e fregi in stile bizantino e persiano e la scritta dedicata al suo committente, Stefano II di Georgia.

Potremmo passare una intera mattina a mirare ogni singola pietra del monastero, ma scendiamo in città, a Mischeta. Lì c’è l’imponente e antica cattedrale (questa davvero mirabile, non come Sameba, costruita per mere dinamiche di potere) di Svetitskhoveli o del Santo Pilastro.

La cattedrale di Mischeta

La cattedrale è uno degli edifici religiosi più antichi e importanti del paese, vi sono sepolti i re di Cachezia e Cartalia Eraclio II e Giorgio XII, nonché Vakhtang I di Georgia, Davide VI e Giorgio VIII. La sua origine, come il suo nome, risale a Santa Nino.

Leggenda vuole che un ebreo georgiano acquistò la tunica di Cristo e la portò a casa, donandola a sua sorella Sidonia, che la strinse a sé talmente forte da farsi cogliere da infarto per la gioia. La tunica fu seppellita con lei, la cui tomba venne indicata con un cedro. Quando re Miran III si convertì al cristianesimo nel V secolo, l’albero fu abbattuto per costruire la chiesa ma il pilastro eretto sul luogo del cedro rifiutava di posarsi.

Furono solo le preghiere di Santa Nino a permettere la posa del pilastro da cui sgorgò mirra miracolosa. Ed ecco il nome: sveti (pilastro) e tskhoveli (vivifico). L’edificio venne rimaneggiato e restaurato nel corso degli anni: l’attuale struttura risale all’XI secolo (e ricostruita nel XV secolo dopo le devastanti campagne georgiane di Tamerlano), con i restauri voluti da Giorgio I e vi si trovano affreschi che vanno dal XIII secolo (Cristo contornato dalla zodiaco) al XIX secolo (Cristo Pantocratore).

L’intera cattedrale è poi circondata da una possente, e in buono stato, cinta muraria difensiva, voluta da Eraclio II alla fine del XVIII secolo, memore forse delle distruzioni portate da Tamerlano 300 anni prima. Il magnifico ciborio affrescato è il luogo dove si dice sia stata seppellita la santa tunica.

Proseguendo verso nord, lasciamo definitivamente la bassa collina di Cartalia e ci inoltriamo verso le montagne e… verso il confine russo. Notiamo una fila lunghissima di camion, tutti in coda verso Stepantsminda e la dogana. Qui, complice il territorio impervio, il traffico su ruota la fa da padrone. La tappa successiva è il suggestivo monastero fortezza di Ananuri.

Monastero fortezza di Ananuri

Questa era la sede del Ducato di Aragvi (retto da un eristavi, uno stratega, un duca insomma) e venne fatto costruire nel XVII secolo. Il complesso fortificato, che si affaccia sul lago di Zhinvali, è composto da una cinta merlata, con due grosse torri, su cui è possibile salire, e due chiese, dedicate alla Vergine e alla Dormizione.

Un tempo dovevano essere assai ricche di affreschi, ora perduti (c’è qualche rimasuglio). Dopo la fine degli Aragvi, letteralmente sterminati nel 1739, la roccaforte perse di centralità ma mantenne la sua funzione fino alla conquista russa nel XIX secolo.

Il panorama è qualcosa di splendido, la pietra color “Isabella” si contrappone alle azzurrissime acque del lago (quasi a mediare col verde scuro delle foreste sui monti), che si schiudono appunto dinanzi alla fortezza, i cui camminamenti sono ancora percorribili, per quanto poco protetti. Ora, Ananuri è a 70 km da Tbilisi e per arrivare a Stepantsminda e quindi al monastero di Kazbegi, ne mancano ancora più di 90, su una strada che diviene via via più tortuosa.

Ed ecco che si spalanca agli occhi la catena del Caucaso, strade malagevoli, alte e ampie montagne di verdi pascoli per bovini, i quali sovente si trovano anche in mezzo alla strada. Dalle valli laterali scendono decine di ruscelli che convergono al centro della vallata. E’ una salita costante fino ai quasi 1800 metri di Stepantsminda, per raggiungere la quale si deve scendere rispetto a un passo che supera i 2000. Le vette si fanno sempre più puntute e spigolose, le acque del Tergi sempre più fredde, il paesaggio sempre più brullo. Il verde lascia il posto al grigio della roccia e al bianco della neve e quasi appositamente anche il tempo cambia: il sole viene coperto da nuvole che rendono il paesaggio più spettrale ma anche più suggestivo.

Stepantsminda ha 2000 abitanti scarsi, in sé non è nulla di speciale ma di fronte a lei e all’imponente monte Kazbek, a 2170 metri, c’è la chiesa della Santissima Trinità di Gergeti. Un romitorio in alta quota costruito nel XIV secolo, con campanile e mura separati ma coevi.

Eremo di Stepanstsiminda e veduta del monte Kazbek

La Georgia è sempre stata terra contesa tra bizantini, armeni, persiani, russi e ottomani, perché chi controllava il piccolo regno georgiano controllava i passi caucasici, pertanto il monastero serviva da riparo, durante le invasioni, alle sacre reliquie custodite nella Cattedrale di Mischeta, tra cui la Santa Croce di Nino, o croce a tralci di vite che, dopo varie peregrinazioni, ora è sita nella bella cattedrale di Sion o della Dormizione a Tbilisi. Per raggiungere il monastero è obbligatorio farsi portare da un servizio di navetta/fuoristrada. La nuova strada, infatti, percorribile comodamente in auto, è clamorosamente parzialmente crollata appena dopo la sua costruzione; pertanto a collegare l’eremo è rimasta la vecchia e davvero malconcia sterrata. Si noleggia l’auto (quasi tutte dei non più giovani Mitsubishi Delica) con conducente che vi lascia poi al monastero per 45’, che sembrano tanti ma passano in fretta se ci si fa ammaliare dal panorama e ci si sofferma a guardare le decorazioni in bassorilievo delle porte e delle arcate.

La vista iconica della chiesa e del monte Kazbek è una armoniosa combinazione di architettura e paesaggio, in cui l’elemento umano si inserisce nello sviluppo di quello naturale che passa dal verde al grigio scuro del Kazbek, lo stratovulcano dormiente che coi suoi 5054 metri è, dopo l’Elbrus, il vulcano più alto del Caucaso (settima cima della catena).

Una escursione così ricca, tra soste e viaggio, porta via almeno 8 ore, cui rimangono le 4 circa del ritorno verso Tbilisi, che merita una ultima visita by night prima di venire definitivamente salutata.

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