Di Magali Prunaj
A 55 anni dalla morte di Ernesto Guevara, el “Che”, riproponiamo un’intervista all’amico fraterno Alberto Granado di Magali Prunai, pubblicata da La Rinascita della Sinistra il 4 ottobre 2007.
Arcore, ore 18.30. Alberto Granado scende dall’auto che lo ha portato al luogo del nostro incontro. Aiutato dalla moglie e dalla figlia si accomoda nel giardino del circolo di amicizia Italia-Cuba e ordina da bere. E’ un anziano signore dagli occhi vispi e svegli, specchio di un passato leggendario. Laureato in farmacologia e in biochimica, da ragazzo attraversa il continente latinoamericano a cavallo della sua fedele e vecchia motocicletta, la “poderosa”, con il suo più grande amico: Ernesto Guevara.
Lei è stato uno dei più grandi amici di Ernesto Guevara. Prima di essere “el Che”, prima di diventare il rivoluzionario mito di numerose generazioni. Che ragazzo era? Quali sogni, quali progetti aveva?
Conobbi Ernesto che aveva 14 anni e diventammo subito amici. Condividevamo le stesse passioni per la letteratura, per gli sport e per i viaggi. A 20 anni decidemmo di fare un viaggio in motocicletta per l’America Latina. Non avevamo altro scopo se non quello di conoscere il nostro continente. Il resto è venuto dopo.
Il viaggio, che ha anche ispirato il libro e il film “i diari della motocicletta”, vi ha aperto gli occhi sulle reali condizioni di vita delle differenti popolazioni del continente, sulla povertà della gente. Vi aspettavate di trovare ciò che avete visto?
Noi conoscevamo l’America Latina solo attraverso i libri, non immaginavamo di vedere ciò che abbiamo incontrato lungo il nostro percorso. Partimmo con l’idea di fare un viaggio, una vacanza, per poi raggiungere un lebbrosario e prestare aiuto come potevamo. Trovammo i popoli indigeni sfruttati, maltrattati, in condizione di estrema povertà. A conclusione del viaggio Ernesto tornò a casa molto cambiato e poco dopo partì per Cuba. Divenne così “el Che”. Io rimasi per un po’ a lavorare coi malati di lebbra, ma poi lo raggiunsi a Cuba.
Come crede sarebbe il mondo con “el Che” ancora vivo?
Non si può parlare del mondo come se “el Che” non fosse più vivo. Lui l’ha cambiato e anche se è morto è vivo in ognuno di noi. Al mondo ne esistono tanti come lui, come i medici volontari in Palestina o in Afghanistan.
Crede se Ernesto fosse un giovane di adesso avrebbe gli stessi stimoli, gli stessi ideali che lo spinsero alla lotta?
Gli ideale di “el Che” sono ancora vivi: la cultura, la medicina, il desiderio di uguaglianza. Tutto quello che lo ha spinto alla lotta è attualmente vivo nell’animo di ogni singolo abitante dell’America Latina.
Aleida Guevara ha detto che suo padre non è un mito, ma è stato un uomo come tanti che però aveva un sogno. Un sogno per il quale ha lottato e per il quale è morto. Crede che questo sogno sia realizzato a Cuba e potrà mai realizzarsi nel resto mondo?
Ernesto era un uomo come tanti altri al quale piaceva sognare. Il suo sogno a Cuba si è realizzato, come in gran parte dell’America Latina. Spero un giorno di poterlo vedere attuato nel resto del mondo.
Parliamo un po’ de “el bloqueo”. Tutto il mondo lo condanna ma continua ad esserci. Come vivono questa situazione le nuove generazioni, che hanno solo sentito parlare della rivoluzione?
La storia è scritta e non si può modificare. Le nuove generazioni non hanno vissuto quel periodo storico, ma lo conoscono attraverso i libri e i racconti degli anziani. Sanno a quale enorme sopruso viene sottoposto il loro paese.
Ciononostante la sanità cubana è una delle migliori al mondo e anche dagli Stati Uniti vanno a studiare nelle vostre facoltà di medicina o vengono a farsi curare.
Prima della rivoluzione in tutta Cuba c’erano solo 3 università. Ora sono più di 15. Studiare è importante e il nostro paese cerca di favorire l’istruzione come meglio può. Dagli Stati Uniti vengono a cercare le nostre cure e le nostre università, nonostante ci abbiano imposto un blocco economico. Noi ci dimostriamo superiori, conosciamo l’importanza dell’istruzione e non la neghiamo a nessuno. Neanche a loro.
Alberto Granado è morto a L’Avana il 5 marzo 2011, in agosto avrebbe compiuto 89 anni.