di Magali Prunai e Domenico Vito

Withers Meets Art in collaborazione con il London Trade Art: una mostra nel cuore di Milano per riflettere sull’evoluzione del fenomeno artistico
Rolling Dice, un’esposizione di arte generativa all’interno del prestigioso studio legale Withers

E’ il 1792 e per la prima volta viene pubblicato un gioco musicale basato sul caso, il Musikalisches Würfelspiel, attribuito al compositore Wolfgang Amadeus Mozart.

Il gioco consiste nel creare un componimento nuovo, originale, partendo da degli schemi predeterminati, creati per l’appunto da Mozart, e dal lancio di un dado. La sinfonia definitiva è, quindi, assolutamente casuale e, allo stesso tempo, unica.

Anche se il primo esempio di composizione casuale fu pubblicata nel 1757 dal compositore tedesco Johann Philipp Kirnberger, il metodo che ottenne maggior diffusione e che ancora oggi ricordiamo nella storia della musica è quello fatto circolare dall’editore Hummel e attribuito a Mozart. Effettivamente il celebre compositore austriaco creò qualcosa di simile, ma nel suo caso l’imprevisto fu affidato al nome di una persona associando a ciascuna lettera una nota musicale.

Gli anni passano, i secoli scorrono lenti mentre il progresso corre e modifica l’esistenza di ognuno di noi e diventa sempre più importante in tanti, forse tutti, i momenti della nostra vita lavorativa, sociale, artistica.

Se sui libri di storia quando si parla di progresso tecnologico ci si riferisce in particolare  a importanti invenzioni che hanno facilitato la vita dell’uomo, riducendo la fatica del lavoratore, semplificando i suoi spostamenti o le telecomunicazioni, sicuramente non possiamo escludere dall’alveo del progresso anche la sua applicazione artistica.

E’ questo il caso dell’arte generativa, ovvero “arte che genera arte”, nata negli anni ottanta del novecento e basata sull’interazione, seppur minima, fra uomo e macchina e l’uso di un software-idea, generatore di codici, e l’applicazione di modelli matematici che creano opere d’arte, visuali, architettoniche, letterarie, musicali.

Se normalmente siamo abituati all’artista che cerca ispirazioni e contaminazioni per dare vita a opere uniche e originali che rispondono al suo bisogno di irrazionalità, con l’arte generativa la ricerca dell’elemento irrazionale diventa più difficile. L’arte generativa per sua stessa natura nasce da elementi estremamente concreti, ma ciononostante l’artista è spinto a continuare la sua ricerca dall’imprevisto e dalla necessità di trovare un dialogo fra l’algoritmo che produrrà l’opera e l’imprevedibilità dell’opera stessa.

Una corrente artistica, quindi, aleatoria, incerta e rischiosa, la cui stessa radice del suo nome (alĕa, dal latino gioco di dadi) ci rimanda inevitabilmente al 1700 e al divertissement musicale di Mozart.

L’arte digitale è diventata, soprattutto negli ultimi anni, un mezzo aggiuntivo e ulteriore per la ricerca e l’espressione della sensibilità dell’artista rispetto ai più tradizionali pittura, scultura e fotografia ai quali tutti siamo abituati. 

L’opera digitale è quindi innanzitutto la creazione di un codice, di un algoritmo, da parte dell’artista il quale, in conclusione, non avrà il controllo del risultato finale.

Uomo e macchina lavorano insieme, contaminandosi a vicenda e dando vita a qualcosa che non potrebbe esistere senza la partecipazione di entrambi. L’opera è quindi dinamica nel suo contenuto, imprevisto e imprevedibile, e allo stesso tempo cambia la sua riproducibilità, diventando qualcosa di solo digitale, proiettato da immagini video, ma anche stampa da digitale, come possiamo vedere nella mostra Rolling Dice attualmente in corso nel cuore di Milano presso lo studio legale Withers.

“E’ arte perchè descrive le intuizioni dell’oggi” – E si, come NIetzsche affermava che la musica e l’arte sono primarie forme di conoscenza perché consentono di cogliere con l’intuizione e con l’irrazionale la realtà immanente, così la digital art coglie con categorie creative gli elementi della contemporaneità: il codice, l’algoritmo il dato si trasformano nelle nuove tinture – o meglio nell’elemento genetico delle tinture che come il DNA ne codifica le caratteristiche – a disegnare questa nuova forma di espressione che racconta l’oggi

Lo Studio, impegnato ormai da anni nel supporto del settore artistico fornendo assistenza legale e attento alle evoluzioni sociali contemporanee, in collaborazione con London Trade Art, mette a disposizione uno spazio per mostre temporanee che in definitiva rappresentano visivamente i valori e l’impegno filantropico di Withers.

La mostra Rolling Dice si inserisce perfettamente in questo schema di valori poiché, celebrando le origini dell’arte generativa, dimostra come la forma espressiva attuale non sia cambiata nella sostanza ma solo nei mezzi utilizzati, espressione dell’evoluzione della società in cui viviamo.

Nell’esposizione – curata da Jessica Tanghetti – Le opere esposte, il quadrittico della serie Estratosfèric di Anna Carreras, la serie Armonia di Stefano Contiero e Divisions – geometric NFTs di Michael Connolly, rappresentano l’osservazione da parte degli artisti dell’ambiente circostante contaminati da esperienze personali che plasmano l’artista stesso.

Anna Carreras celebra la vita attraverso comportamenti semplici, trovando un equilibrio tra ordine e caos. Caratteristica delle sue installazioni è l’interazione del pubblico nel loro stesso sviluppo, un approccio che aggiunge all’opera il comportamento umano sviluppando risultati nuovi e più ampi.

Diverso è il lavoro di Michael Connolly che si basa su un algoritmo ricorsivo che sviluppa forme geometriche e colorate gioiose.

Cultura e personalità familiari, spesso contrastanti fra loro, creano l’input di Stefano Contiero che con l’espressione “il codice è la mia argilla” sintetizza perfettamente l’indagine tecnologica nascosta dietro le opere generative.

La mostra si conclude con una scultura che nulla ha a che vedere con l’arte generativa ma che forse vuole essere un po’ un monito per artista e spettatore, Figura con Stella di Mimmo

Palladino.

L’opera, in bronzo, rappresenta una figura umana priva di dettagli e particolari in posa meditativa, estranea alla frenesia della società in cui viviamo.
Metafora di un percorso riflessivo interiore e di incontro con il sé, nella quale tutti possiamo immedesimarci, vuole ricordare come nessuna macchina potrà mai sostituire la nostra esistenza, il nostro estro, le nostre capacità.

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