Di Andreas Massacra
“L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo.”
Questo l’inizio della famosa lettera di Kant del 1784 “Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?”
Inutile sarebbe ripercorrere le tappe della vita, della carriera e delle trasmissioni ideate e condotte dal recentemente scomparso Piero Angela. Inutile ovviamente perché già note e dette in molti media.
Con Piero Angela, stante la definizione data da Kant, se ne è andato l’ultimo illuminista della televisione italiana. Non è solo questione di divulgazione, la divulgazione si può fare di tante cose e in tanti modi. Il punto fondamentale di Quark e Superquark lo troviamo proprio nella definizione kantiana. Durante le sue trasmissioni il telespettatore non era trattato come un mero contenitore da riempire con un contenuto purché sia. Lo spettatore in Quark, Superquark e Ulisse (di cui era coautore insieme al figlio Alberto) era trattato come un interlocutore, come una persona che doveva osare sapere, che doveva avere il coraggio, durante e dopo la trasmissione, di “servirsi della propria intelligenza” , per dirla à la Kant. Chi faceva esperienza delle sue trasmissioni ne usciva inevitabilmente arricchito. Arricchito non solo sul piano delle informazioni e sul piano delle nozioni ma anche ad un livello più profondo: i servizi erano realizzati, pur con tutti i limiti del formato divulgativo televisivo, cercando di non sottacere la complessità e la mobilità della scienza e del suo metodo, fatto di “sensate esperienze e necessarie dimostrazioni” e pronto a superare se stesso nell’avanzamento positivo (intendo il positivismo come uno dei più prolifici figli dell’illuminismo) delle conoscenza (l’innovazione è anche revisione di ciò che c’era prima).
Lo scriviamo senza vena polemica: ha portato un po’ di positivismo in un paese forse ancora troppo arroccato nello spirito crociano e gentiliano (beninteso senza nulla togliere a questi due giganti della filosofia e della storia del nostro paese).
Piero Angela ha insegnato a milioni di persone il metodo scientifico e lo spirito critico, strumento più che mai necessario per orientarsi nel mondo e lo ha fatto con eleganza espositiva e semplicità lessicale, con un format che prevedeva un mix tra documentari e contributi di esperti, ospiti della trasmissione. Un unicum all’interno del panorama dei programmi divulgativi italiani.
Ma ha portato, con il suo garbo, anche qualcosa in più; ha portato l’etica del metodo scientifico, in questo caso pedagogico, che non consiste nel trattare da somari coloro che lo rifiutano, emarginandoli e deridendoli, ma nella paziente opera espositiva e argomentativa. Perché in fondo la scienza è questo: dimostrabilità, replicabilità e pubblicità. E’ opinione ragionata e come tale deve essere esposta, senza sensazionalismi, senza slogan semplificatori.
Qualcuno ha scritto che ci ha lasciato un Maestro. E se intendiamo Maestro della divulgazione è vero. Ma è anche vero che ci ha lasciato l’ultimo epigone dei “philosophes”: un intellettuale pubblico che applicava la ragione allo studio, con occhio critico, di molte aree dell’apprendimento (le sue rubriche spaziavano dalla filosofia naturale -alias scienza-, alla storia, dall’economia e dalle questioni sociali alla paleontologia). Sempre cercando di imparare, di migliorare se stesso, di trasmetterlo agli altri e di dare il proprio contributo al paese, come lui stesso ha tenuto a precisare nelle sue ultime parole.
La persona saggia che tutti vorremmo conoscere, la persona colta come tutti vorremmo essere.