“Fui una creatura instabile della mia razza e del mio paese, scrissi ciò che arrivò nell’immediato, quando le questioni erano ancora calde. Da quando sono una creatura vagabonda, esiliata volontariamente, sembra che scriva solo in una nebbia di fantasmi. La terra d’America e la mia gente, viva o morta, si è tramutata in un corteo malinconico, ma molto fedele, che più che avvolgermi mi copre e mi opprime e raramente mi lascia vedere il panorama e la gente straniera”.

Lucila de Marìa del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga (Vicuña, Cile, aprile 1889 – New York, gennaio 1957) è stata una poetessa, educatrice, femminista cilena nonché la prima donna latinoamericana insignita del Premio Nobel per la letteratura nel 1945.

Abbandonata a soli 3 anni dal padre, una figura che comunque lei stessa dichiarerà fondamentale nel “risvegliare” la sua passione poetica dopo il ritrovamento casuale di alcuni suoi versi, fu istruita dalla sorella maggiore che le trasmise soprattutto la passione per l’insegnamento e la Bibbia, due temi ricorrenti nelle sue opere.
Dopo aver scoperto Gabriele D’Annunzio e il poeta provenzale Frédéric Mistral, Premio Nobel per la letteratura nel 1904, decise di prendere come nome d’arte Gabriela Mistral proprio in loro onore.

Nel 1905 decise di intraprendere la carriera di maestra, professione non facile nel Cile dell’epoca visto il numero enorme di insegnanti e l’esigua disponibilità di cattedre. Ammessa alla scuola di formazione per insegnanti, nonostante la quota d’iscrizione estremamente elevata, fu espulsa quasi subito per aver pubblicato degli articoli nei quali sosteneva il libero accesso all’istruzione per tutte le classi sociali.
Riuscì comunque a essere assunta in alcune scuole minori del paese, come il liceo di Los Andes, dove rimase a lungo, a Temuco, nello stesso periodo nel quale lo frequentò Pablo Neruda, e a Santiago.

Ma è il 1914 l’anno di svolta nella sua carriera, l’anno nel quale decide di farsi chiamare col suo pseudonimo e l’anno in cui vince un’importante competizione nazionale, dove il suo talento viene finalmente scoperto e riconosciuto grazie a “Sonetos de la Muerte”, sonetti della morte, un’opera dedicata a Romeo Ureta Carvajal, un impiegato ferroviario del quale era innamorata ma che si tolse la vita tre anni dopo il loro incontro.
La sua carriera di educatrice, complice anche l’appartenenza politica dell’allora ministro dell’educazione (e futuro presidente del Cile), Pedro Aguirre Cerda, anche lui educatore tanto che il suo motto fu “gobernar es educar” (governare è educare), fece un notevole balzo in avanti fino a diventare direttrice del prestigioso liceo femminile di Santiago.
Il non possedere i titoli per insegnare la spinse, visto l’ostracismo messo in atto nei suoi confronti da parte dell’élite cilena, a prendere parte al Piano di Riforma Educativa del governo messicano.
Intanto Gabriela continua a scrivere e le sue opere iniziano a essere pubblicate all’estero.
Nominata segretaria di una delle sezioni della “Liga de las Naciones” e segretaria dell’Istituto di Cooperazione Intellettuale della Società delle Nazioni a Ginevra, inizia a viaggiare per l’Europa e gli Stati Uniti.

Nominata poi console cileno, continuerà i suoi viaggi per il mondo, anche se solo con Madrid stringerà un particolare sodalizio tanto da pubblicarvi Tala, una raccolta di fiabe i cui introiti furono destinati agli orfani della guerra civile spagnola. In questa raccolta abbandona il suo stile classico, facendo suo un linguaggio più arcaico e popolare, ermetico come il significato stesso della parola “tala”: taglio di alberi, barriera di tronchi.
Durante il suo incarico diplomatico in Brasile scoppia la guerra in Europa, ma la vita di Gabriela è segnata soprattutto dalla morte del nipote Juan Miguel, per lei quasi un figlio, nel 1943.

A guerra ormai finita, nel 1945 riceve il Premio Nobel per la letteratura, prima donna latinoamericana insignita di tale onorificenza. L’Accademia di Stoccolma, nelle motivazioni, la definì “simbolo delle aspirazioni ideali di tutto il mondo latinoamericano”.

Nel 1954 pubblicò forse la sua opera più complessa: “Lagar” (il torchio), la cui prima poesia, “la otra” (l’altra), è dedicata alle donne, alle loro specificità e differenze. La sezione dedicata alle donne folli (“Donas locas”) contiene i ritratti di 15 donne che rappresentano la condizione femminile nella società ma anche diversi aspetti dell’animo della poetessa: l’abbandonata, l’ansiosa, la sradicata, l’insonne, la devota, l’umiliata. Il linguaggio diventa più complesso, la Mistral mette a nudo se stessa facendo emergere la sua parte più instabile, attirata ovunque ma allo stesso tempo una distaccata e ansiosa errante cantastorie del mondo.
Negli ultimi anni della sua vita prenderà parte alla Commissione per la condizione giuridica e sociale delle donne negli Stati Uniti. Muore di tumore al pancreas nel 1957.
Gabriela Mistral è una donna di pace perché: partita dall’estrema periferia del mondo ha fatto sì che la condizione educativa e sociale della donna fosse presa in considerazione e migliorata, portandola alla pari a quella dell’uomo.
