Di Magali Prunaj

Puntuali come un orologio svizzero, si fa per dire, anche quest’anno siamo in deficit di risorse naturali. Ogni anno, infatti, la Terra autoproduce risorse che, però, l’uomo sfrutta fino all’eccesso, esaurendole ben prima della conclusione dell’anno solare. Questo momento di sovrasfruttamento, chiamato “earth overshoot day”, che fa sì che se ne prendano in prestito dalle generazioni future entrando in un circolo vizioso senza via d’uscita, arriva in anticipo ogni anno che passa.

Se nel 1990 la Terra esaurì le sue risorse solo 82 giorni prima della fine dell’anno, il 10 ottobre, e nel 2000 ben 100 giorni prima, il 22 settembre, il primo vero record fu raggiunto nel 2018, esaurendo le nostre risorse il primo di agosto. Ma il 2022, fra le tante sciagure che lo caratterizzano, sarà ricordato anche per un “earth overshoot day” estremamente precoce: il 28 luglio.

Secondo il think tank Global Footprint Network, un contenitore di idee indipendente nato nel 2003 negli Stati Uniti e poi estesosi anche a Belgio e Svizzera, un gruppo di esperti che ogni anno calcola il punto di non ritorno per lo sfruttamento delle risorse terrestri, attualmente l’uomo si comporta come se avesse a disposizione quasi due pianeti, 1,75 terre per la precisione. Medaglia nera dell’ambiente è l’Italia, che ha raggiunto il suo “overshoot” già il 15 maggio.

Il discorso è sicuramente molto ampio e potrebbe essere anche complicato, ma per capire meglio di cosa stiamo parlando in concreto proviamo a pensare alla recente ondata di siccità che ha colpito gran parte del pianeta. Siccità che si manifesta sempre più di frequente e che viene spesso seguita da inondazioni incontrollate, le ondate di calore anomale, lo scioglimento dei ghiacciai e l’inverno sempre più mite e asciutto, tutti sintomi che, uniti al consumo di suolo e alla deforestazione, hanno progressivamente contribuito al declino della biodiversità, a un aumento di gas serra nell’atmosfera, a una sempre maggiore competizione per l’energia e le risorse alimentari.

Secondo il Global Footprint Network sono necessari 19 anni senza consumi per permettere al pianeta di rigenerarsi. Una previsione abbastanza irrealizzabile nonostante i vari accordi e i vari incontri internazionali sul clima. Mentre è sicuramente più attuabile una politica nazionale e dei comportamenti personali con lo scopo di ridurre gli sprechi e diminuire il consumo delle risorse. Ad esempio, se lo spreco alimentare venisse dimezzato le lancette dell’”overshoot” potrebbero essere spostate di 13 giorni in avanti. Così come preferire metodi di trasporto meno inquinanti ci farebbero guadagnare 10 giorni, mentre altri 9 li otterremmo grazie allo sfruttamento nazionale di energia eolica, come già succede in Germania e Danimarca. Mettendo in essere pochi e semplici comportamenti virtuosi guadagneremmo un mese di risorse in più, se poi riuscissimo ad aggiungerne altri (per una lista più completa è possibile consultare la piattaforma www.overshootday.org/power-of-possibility/ ) potremmo guadagnare abbastanza tempo per tornare indietro agli anni 2000.

Ben consapevoli che si tratta di un’ipotesi irrealistica, gli esperti hanno anche calcolato che se riuscissimo a seguire queste indicazioni tanto da ritardare la data dell’”overshoot” di sei giorni fino al 2050 la Terra dovrebbe riuscire a rigenerarsi.

Intanto, mentre prendiamo consapevolezza del problema e capiamo che non è più possibile rimandare un intervento, possiamo assistere ad altre preoccupanti conseguenze: più di 3 miliardi di persone vivono in paesi che producono meno cibo di quanto ne consumano, generano meno reddito della media mondiale, hanno una capacità alimentare inadeguata e uno svantaggio nell’accesso al cibo nei mercati globali.

Ma il rischio di morire di fame, nel 2022, è secondo solo a quello dal morire di caldo.

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