Fuga per la vittoria: la vera storia della partita della morte
Di Magali Prunaj
Michael Caine, Sylvester Stallone e Pelé sono solo tre degli interpreti più famosi di “Fuga per la vittoria”, un film del 1981, nome originale “Victory”, ambientato nel 1942 in un campo di concentramento nazista per prigionieri di guerra.
Durante una visita al campo, il maggiore Von Steiner, ex calciatore, riconosce fra i prigionieri il capitano John Colby, ex calciatore della nazionale britannica. Un po’ dispiaciuto e un po’ convinto della bella figura che avrebbe fatto a Berlino, Von Steiner propone a Colby una partita di calcio, prigionieri contro nazionale tedesca, da tenersi a breve tempo nella capitale francese. Dopo un primo rifiuto, gli altri prigionieri fiutano una possibilità di evasione grazie proprio a questo assurdo incontro calcistico. Così, dopo più un incontro di lotta libera che di calcio, e dopo un’emozionante Marsigliese cantata dagli spettatori, gli Alleati vincono l’incontro e fuggono grazie alla folla che si riversa sul campo da gioco confondendoli fra loro.
Il film in realtà trae ispirazione da una storia vera, sempre del 1942, ma l’ambientazione e le circostanze sono leggermente diverse.
Siamo a Kiev, i tedeschi hanno occupato la città e pensano di organizzare, per distrarre truppe e popolazione, un torneo di calcio. Oltre a quattro squadre tedesche, una ungherese, una rumena e la Ruch, squadra ucraina antisovietica e filo nazista, si iscrisse al torneo la squadra di un panificio, la Start FC, composta da ex giocatori di calcio che, in cambio di un letto e di una minima protezione dalle angherie naziste, avevano accettato di lavorare, sfruttati e sottopagati, nel panificio di Iosif Ivanovič Kordik, originario della Moravia, nato nell’Impero Austro-Ungarico, e costretto a rifugiarsi in Ucraina.
La squadra si dimostrò fin da subito parecchio forte, tanto che in sette partite subì solo 8 goal portandone a casa ben 43. La reazione fu quella di rinforzare la squadra tedesca, richiamando dal fronte tutti i migliori giocatori di calcio.
Questa volta i nazisti volevano dare spettacolo in grande stile, annunciando l’incontro con una vasta campagna pubblicitaria. Anche se il loro scopo non era quello di disputare una sana partita di pallone, secondo i principi dello sport che oggi tutti noi conosciamo per cui è più importante partecipare e divertirsi che vincere.
La squadra tedesca doveva vincere, come se quella partita fosse stata l’anticamera del fronte, e per farlo furono disposti a tutto. Poco prima del fischio d’inizio, l’arbitro, giunto appositamente da Berlino, si presentò nello spogliatoio della Start intimando di perdere la partita e ricordando di fare il saluto nazista entrando in campo. A sorpresa, ma non troppo, i giocatori ucraini salutarono gridando “viva la cultura fisica”, motto in uso nello sport sovietico.
Durante il primo tempo l’incontro fu particolarmente violento, con falli tedeschi ignorati dall’arbitro e comportamenti scorretti inesistenti ma tutti puntualmente segnalati ai danni della Start. Nel corso dell’intervallo, per assicurarsi che il folto pubblico, quasi tutto della Wermacht, non rimanesse deluso, un ufficiale SS minacciò i giocatori: o perdevano o le conseguenze per loro sarebbero state terribili.
La Start vinse 5 a 3, decidendo all’ultimo di graziare l’avversario evitando il sesto goal.
Firmata così la propria condanna a morte, il primo a essere arrestato, e a morire dopo 20 giorni di torture, fu Nikolai Korotkikh, un centrocampista non particolarmente di pregio ma che pare fosse un ufficiale della polizia segreta. Gli altri giocatori, dopo essere stati torturati, furono tutti internati in un campo poco fuori Kiev. Solo in due riuscirono a scappare. Nel 1943, dopo un tentato attacco incendiario al campo, furono tutti fucilati per rappresaglia. Si narra che il capitano della squadra, un attimo prima che gli sparassero addosso, urlò “lo sport rosso non muore mai”.
Secondo un’altra versione della storia, di quella che poi prenderà il nome di partita della morte, gli incontri calcistici non furono poi così violenti tanto che molti testimoni oculari smentirono il racconto romanzato così come si è diffuso negli anni.
Di vero, pare ci sia che i tedeschi organizzarono un torneo di calcio al quale partecipò la squadra di un panificio cittadino, la Start. Squadra molto forte, composta da ex giocatori ucraini noti al tempo e che vinse con facilità tutte le partite del campionato.
Secondo lo storico Vitaly Hedz in realtà i giocatori della Start furono arrestati per aver cercato di uccidere alcuni ufficiali tedeschi sbriciolando del vetro nel pane a loro destinato. Altre fonti, invece, sostengono che dopo Stalingrado i tedeschi iniziarono a controllare in modo più meticoloso i potenziali membri del NKVD, il Commissariato del Popolo per gli affari interni.
Secondo quest’altra ricostruzione Korotkikh fu comunque arrestato, torturato e ucciso, mentre gli altri giocatori, deportati, non morirono tutti. Alcuni furono effettivamente fucilati nel ’43, anche se non si conoscono le vere cause si pensa a un tentativo di ribellione, altri furono deportati in altri campi dai quali riuscirono a fuggire. Un altro ancora lasciò Kiev con le truppe tedesche, non si sa se di sua spontanea volontà o meno, si sa che a guerra finita emigrò in Canada. Mentre per quanto riguarda i tre poliziotti che facevano parte della squadra, uno fu ucciso dopo aver aggredito un membro della Gestapo, altri due furono accusati di collaborazionismo e rinchiusi in un gulag.
A 80 anni di distanza quale sia la vera storia, oramai, non è dato saperlo. Ciò che possiamo dire con certezza è che un giorno si disputò una partita di calcio. Per alcuni quella partita rappresentava la vita, per altri era solo una delle tante occasioni per mettersi in mostra.
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