Di Magali Prunaj

E’ in onda da poco una nuova serie franco-canadese ambientata a Versailles, alla corte di Luigi XIV, più noto come Le Roi Soleil (1638-1715). Tre stagioni per trenta puntate in totale con lo scopo di far conoscere al grande pubblico un periodo fondamentale per la storia di Francia. Gli sperperi della corte, la Fronda, il malcontento del popolo. Insomma, si poteva prendere facilmente spunto dai capolavori di Dumas padre, rendendoli un copione sulla storia di Francia, per assicurarsi un ottimo risultato. Ma gli autori hanno preferito lavorare da soli e il risultato è quanto meno singolare.

Pochi giorni fa mi è capitato di vedere l’ultima mezz’ora della prima puntata, episodio nel quale il giovane re Luigi (di Borbone e non il simpatico scimmiotto del film Disney “il libro della giungla”), venuto a conoscenza dell’esistenza di un misterioso prigioniero il cui volto è nascosto da una maschera di ferro (anche se in realtà era di velluto) decide di incontrarlo per scoprire di chi si tratta. Liberato dalla maschera, alla domanda reale “chi siete?” il misterioso prigioniero, senza nessuna colonna sonora alla “Star Wars” e senza la comparsa di spade laser, risponde “io sono vostro padre”.

Escludendo la probabile intenzione comica degli autori, mi chiedo perché creare un’opera per il grande pubblico stravolgendo completamente la realtà storica dei fatti. La televisione è da sempre un mezzo “educativo” estremamente potente e chi si occupa di creare i suoi contenuti dovrebbe prestare maggiore attenzione a quanto questi siano accurati e corretti.

La storia della maschera di ferro aleggia per le vie di Francia da secoli e partendo dalla Provenza è arrivata a Parigi, fino alle orecchie di Voltaire, filosofo, storico, scrittore, che nel 1717, imprigionato a la Bastiglia, venne a sapere che fino a pochi anni prima la prigione aveva ospitato un misterioso prigioniero. Un individuo, ormai anziano, detenuto in condizioni assolutamente particolari, di grande rispetto e favore, il cui volto era nascosto da una maschera di velluto nero e cinghie metalliche, passato poi alla storia come “la maschera di ferro”.

Una volta libero fece alcune ricerche e scoprì, così, che questo personaggio era morto anni prima, secondo il giornale del carcere nel 1703, e che era stato sepolto in un cimitero di Parigi sotto falso nome. Ufficialmente al momento della sua dipartita aveva 45 anni, mentre il medico del carcere affermò che doveva averne almeno 60.

Incuriosito ancora di più da questa discordanza, Voltaire scoprì che il misterioso personaggio arrivò a Parigi dopo lunghe peripezie, passando dalla fortezza di Pinerolo fino all’isola di Santa Margherita, a largo della città di Cannes. Su quest’isola passò 11 anni, godendo di un trattamento assolutamente eccezionale stabilito direttamente dal ministro della guerra, il marchese Louvois.

La maschera poteva, infatti, incontrare regolarmente il suo confessore, rivolgere qualsiasi richiesta all’ufficiale di guardia, incontrare regolarmente il suo medico, poteva fare delle passeggiate, sempre sotto sorveglianza, nel cortile della fortezza. Inoltre per mangiare, bere e dormire poteva liberarsi della maschera.

Ma quindi chi era quest’uomo che ha vissuto un’intera vita mascherato?

Le speculazioni sono ed erano numerose. Si passa dal lord inglese a un nobile francese, ma la più accreditata, secondo Voltaire, è quella che si tratti di qualcuno a conoscenza di un importante segreto che, se rivelato, avrebbe causato gravi danni. Sicuramente era qualcuno di noto, per cui il volto doveva rimanere nascosto ed eliminarlo fisicamente doveva essere stato escluso per ragioni politiche o affettive.

Secondo Voltaire doveva trattarsi del fratello gemello di Luigi XIV, la cui esistenza era stata nascosta per evitare problemi dinastici. Lo stesso Dumas padre, nel terzo capitolo dei suoi romanzi storici, “Il visconte di Bragelonne”, avvallò la stessa tesi, raccontando di come i moschettieri del re tentarono di sostituire al perfido Luigi il più mite e gentile Filippo. La sostituzione non andò a buon fine perché il gemello buono, dopo aver liberato il ministro delle finanze, Nicolas Fouquet, cui il vero re voleva privare di ogni sostanza, viene tradito dallo stesso Fouquet. Appreso che il re è imprigionato a la Bastiglia, corre in suo aiuto e, una volta ripristinato il naturale ordine delle cose, Luigi ordina al celebre D’Artagnan di imprigionare il povero Filippo e di nascondere il suo volto per evitare riconoscimenti e fraintendimenti.

Ma le conclusioni di Voltaire, e di Dumas, sono forse poco realistiche. All’epoca le regine partorivano in pubblico, alla presenza di nobili, religiosi e dei medici e difficilmente si poteva nascondere un parto gemellare. Ma anche ad esserci riusciti, affidarlo a gente del popolo o a nobili sarebbe stato comunque compromettente in caso di una straordinaria somiglianza con il re, ma allo stesso tempo non si spiegherebbe perché nasconderlo solo in età adulta e non, ad esempio, mandarlo fin da neonato all’estero, da qualche parte del mondo dove le immagini del re di Francia arrivavano più difficilmente.

Qualche tesi più moderna, speculando sul fatto che Anna d’Austria e Luigi XIII non condividevano il letto più da parecchi anni, ha effettivamente avanzato l’ipotesi che fosse il padre naturale del re. Ma anche in questo caso non coinciderebbero troppi elementi, a partire dall’età come dal bisogno di tenerlo imprigionato col volto celato.

Nella cella della maschera di ferro nell’isola di Santa Margherita, oggi un museo, una targa elenca tutte le 60 probabili maschere: da un figlio di Cromwell al gemello del re, passando per Moliere, una donna e lo stesso Nicolas Fouquet che “soggiornò” anche alla fortezza di Pinerolo.

Chi fosse la maschera di ferro non possiamo ancora dirlo con certezza e, probabilmente, non lo potremo mai dire. Ciò che è certo, comunque, è che fra la fine del ‘600 e i primi del ‘700 un uomo visse, gioì e pianse in una prigione e con il volto perennemente coperto.   

Loading