Di Magali Prunai
Esiste una sostanza pericolosissima che qualcuno un giorno ha deciso dovevamo esserne completamente schiavi. Un oscuro complotto l’ha resa obbligatoria nella nostra dieta di tutti i giorni, creando una tale dipendenza che se decidiamo di disintossicarci possiamo solo morire per l’astinenza. Anche se ingerirla in grosse quantità può causare effetti indesiderati. È deleteria per l’uomo, per gli animali, per l’ambiente tanto da essere una delle principali cause delle piogge acide o dei cicloni killer americani. Inalarla, anche se in quantità esigue, può provocare la morte. È in grado di erodere il suolo, ossidare o corrodere molti materiali, se versata nella sua forma liquida su apparecchiature elettroniche può creare corti circuiti. Nella sua forma solida può danneggiare i tessuti biologici, nella sua forma aereoforme può ustionare. E’ inodore, incolore e insapore. È largamente presente sulla terra in fiumi, laghi e mari, contribuisce all’effetto serra.
Una sostanza talmente spaventosa che, nel 2010, alla conferenza ONU sui cambiamenti climatici di Cancun molti delegati firmarono una petizione per metterla al bando. Petizione rilanciata in molte manifestazioni ambientaliste e sottoscritta da numerose persone preoccupate e spaventate dalla dipendenza di tutti noi.
Questa sostanza spaventosa è il monossido di idrogeno, nomenclatura DHMO.
In realtà si tratta dell’acqua e la petizione, effettivamente firmata e sottoscritta, è una burla, una bufala che girava sul web per voler evidenziare, purtroppo riuscendoci, l’enorme ignoranza scentifica di tutti noi.
La cultura scientifica viene vista come qualcosa di assolutamente inarrivabile, solo per quei pochi che comprendono i difficili termini della chimica o della fisica. La prima responsabile è, probabilmente, la scuola, che relega l’ora di matematica e scienze a qualcosa di marginale e non fondamentale. Spesso insegnata e spiegata male, argomenti interessanti e utili vengono trasformati in qualcosa di molto noioso e responsabili degli incubi notturni di generazioni di studenti. E così, a forza di relegare, di spaventarsi e di non cercare altri sistemi di insegnamento, i rappresentanti ONU volevano mettere al bando l’acqua.
Come è facile intuire, per i pensatori di oggi, ma anche di ieri, esistono due diversi tipi di culture. Una classica e una scientifica. Una cultura classica più diffusa e considerata di serie “A” e una più bistrattata e considerata meno importante, di minor valore, di serie “B”. La cultura, invece, dovrebbe essere unica, che mette sullo stesso piano lettere e scienze.
Il primo ad accostare matematica e filosofia, agli inizi degli anni ’30, fu il matematico e filosofo Ludovico Geymonat, il quale propose per primo l’idea rivoluzionaria di cultura unica. La cultura è cultura. Non si può pensare di avere una conoscenza approfondita delle cose del mondo se si ignora l’acqua, la sua composizione chimica e le sue proprietà. Siamo formati al 60% da acqua, non conoscerla vuol dire non conoscere noi stessi, come siamo fatti, cosa ci fa bene. Vuol dire essere presi in giro dalla prima persona che ci passa davanti, che approfitta della nostra ignoranza e della tendenza, ormai diffusissima, a non verificare la veridicità e l’attendibilità delle notizie che ci giungono da ogni dove. Chi parla per ultimo e a voce più alta ha per forza ragione, senza che a qualcuno venga in mente di ragionare, obiettare, verificare.
In anni più vicini a noi anche l’astrofisica Margherita Hack ripropose questa visione della cultura, spiegando come la conoscenza del mondo che ci circonda, anche da un punto di vista più scientifico, debba essere oggetto di quel gran calderone di nozioni che chiamiamo cultura generale. Solo così potremo essere anche dei cittadini più consapevoli e attenti, soprattutto in anni in cui la lotta agli sprechi per salvaguardare e tutelare l’ambiente è diventata centrale nella vita di molti di noi. E mettere al bando l’acqua non è sicuramente un buon punto di partenza.