Di Irene Prunai

“Il cielo è tutto nero, la Terra è azzurra. Tutto può essere visto molto chiaramente.”

Questo commento del primo uomo nello spazio è rimasto nella memoria collettiva e ci ricorda che 60 anni fa la storia dell’uomo è cambiata. Alle ore 9:07 del 12 aprile 1961 decollava dal cosmodromo di Baikonur la navicella Vostok 1, la prima partita alla volta dello spazio. Un solo passeggero, destinato a restare nella storia: il ventisettenne Jurij Alekseevic Gagarin, promosso maggiore per l’occasione.

La Vostok 1 completò la sua orbita intorno alla Terra e atterrò nella steppa siberiana. L’impresa di Gagarin era stata concepita come dimostrazione che l’esplorazione spaziale dipendesse solo dalla ricerca e dalla tecnologia che gli esseri umani erano in grado di sviluppare.

Dopo la missione Sputnik, con la quale l’Unione Sovietica si era assicurata il primato di un satellite in orbita intorno alla Terra, erano stati fatti numerosi tentativi per poter spedire forme di vita dentro una navicella spaziale. Prima manichini, poi topolini e cagnetti. Infine vennero addestrati una ventina di cosmonauti e Gagarin si distinse per le sue doti da pilota e le sue capacità di resistenza.

In totale il volo durò 108 minuti e raggiunse una distanza massima di 217 km dalla Terra. In realtà parecchie cose andarono storte durante il volo e l’intera impresa sarebbe potuta passare alla storia come una tragedia. L’orbita era sbagliata e c’era il reale rischio che la Vostok rimanesse in orbita per un mese. Fortunatamente entrò in funzione il sistema di rallentamento anche se una perdita di carburante portò ad avere una spinta minore del previsto. Gagarin arrivò a terra sano e salvo.

Gli Stati Uniti restarono a guardare con il naso all’insù. Erano pronti con un loro astronauta che dopo un mese sarebbe dovuto decollare per il primo volo spaziale. Alan Shepard, l’astronauta, effettivamente il 5 maggio dello stesso anno decollò a bordo del Freedom 7. Ma la storia lo aveva superato.

Cominciò allora, in piena guerra fredda, la corsa allo spazio quella competizione che l’economista John Kennet Galbraith definì il trasferimento sul piano tecnologico dello spirito della guerra. 

Loading