Di Magali Prunai

È il 1964 e sul  grande schermo esce un film, diretto da Pietro Germi, destinato a fare storia. Il film è “Sedotta e abbandonata”, parte di una trilogia composta da “Divorzio all’italiana” del 1961 e “Signore e signori” del 1966, che nel suo cast vanta una giovane Stefania Sandrelli interprete del ruolo principale.

La storia racconta di una giovane e avvenente ragazza, Agnese, violentata dal fidanzato della sorella maggiore in un caldo pomeriggio in cui tutti i compenenti della famiglia dormono. Scoperto l’accaduto e scoperto lo stato interessante di Agnese, il padre impone al ragazzo un matrimonio riparatore. Ma questi non ne vuole sapere: Agnese non è più vergine e lui non vuole una ragazza che ha ceduto alle sue stesse lusinghe. A quel punto per sicurezza, e per paura, il ragazzo si nasconde da uno zio prete, in attesa che l’ira della famiglia della giovane si plachi. Siamo negli anni ’60 e l’aborto era illegale a differenza del delitto d’onore. Il fratello di Agnese, un giovane Lando Buzzanca, viene quindi incaricato di fare giustizia  e vendicare l’onore della sorella. Saputo il progetto di omicidio Agnese corre dai carabinieri e scoppia il caso. Povera Agnese, violentata dal fidanzato della sorella dentro il suo stesso nido. Questo ci si aspetterebbe di sentire apprendendo una notizia simile. E invece no. Agnese è colpevole di aver sedotto il ragazzo. È lei che ha sbagliato e la sua intera famiglia è disonorata.

La storia non è poi così inverosimile se pensiamo al caso, di pochi anni più tardi, di Franca Viola, colei che rifiutò il matrimonio riparatore che per la legge italiana cancellava la violenza subita. Franca Viola era fidanzata a un giovane, Filippo Melodia, che fu arrestato per furto e appartenenza a una banda mafiosa. I genitori di lei ritirarono il consenso al fidanzamento e a quel punto iniziarono le minacce e le intimidazioni finché un giorno, all’età di 17 anni, Franca non fu rapita insieme al fratellino di 8 anni. Il bambino fu rilasciato subito, mentre la giovane fu violentata, malmenata, tenuta a digiuno e imprigionata per otto giorni in un casolare fuori dal paese e, in un secondo momento, nella casa della sorella di Melodia. A quel punto i genitori di Franca furono contattati dalla famiglia Melodia per accordarsi per il matrimonio riparatore, ma i Viola avevano già allertato la polizia, la quale fece irruzione nella casa dove la giovane era sequestrata liberandola e arrestando i rapitori. Per la mentalità dell’epoca era, ormai, disonorata e per salvarsi esisteva una sola strada: sposare Filippo Melodia. Franca rifiutò e denunciò il ragazzo per violenza sessuale che, all’epoca, non era un reato contro la persona ma contro la morale.

Durante il processo la difesa tentò di screditarla sostenendo fosse consenziente e che il suo non era un rapimento ma la consueta “fuitina”, una volontaria fuga d’amore. Melodia fu condannato in primo grado a 11 anni, il processo d’appello ridusse la pena a 10 anni con 2 di soggiorno obbligato a Modena. La condanna fu confermata anche dalla Cassazione. Uscito dal carcere, Melodia fu ucciso da ignoti con un colpo di lupara. L’articolo del codice penale che invocò in sua difesa, il 544 (causa speciale di estinzione del reato), fu abrogato nel 1981 e solo nel 1996 lo stupro da reato contro la morale è diventato contro la persona.

Quanto è progredita la società dagli anni ’60 in cui uomini pensavano che bastasse prelevare una donna come un pacchetto dalla propria casa, picchiarla e violentarla perché il capriccio di sposarla venisse assecondato? Abbastanza per condannare certi atteggiamenti, ma ultimamente non è più così scontato.

L’orlo di una gonna è più potente di un no, quindi anche se una donna rifiuta un rapporto il fatto che indossasse una minigonna per molti lo giustifica. L’aver bevuto un bicchiere di troppo prende il sopravvento sull’evidenza medica che accerta i lividi, le percosse, il rapporto violento. Come a dire: “potevi rimanere sobria”. Questa è la società del 2021, una società che invece che progredire lentamente regredisce a un’epoca in cui diritti civili e tutela della persona a mala pena avevano un significato. Fortunatamente la maggioranza condanna ancora questi comportamenti, ma sono sempre troppi quelli che tendono a invertire i ruoli di vittima e perpetratore di violenza.

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