Di Magali Prunai

Negli ultimi giorni ha sicuramente fatto notizia l’intervista rilasciata a un’emittente statunitense di Henry, duca di Sussex, e di sua moglie, Meghan Markle, nella quale, fra le altre cose, si è accusata la famiglia reale di razzismo. I Sussex hanno, infatti, raccontato che qualcuno era visibilmente preoccupato dal colore della pelle che il loro primo genito avrebbe potuto avere, ignorando, forse, le leggi sull’ereditarietà dei caratteri di Mendel.

Ma se quando la coppia ha annunciato di aspettare un bambino, Archie Harrison Mountbatten-Windsor (06/05/2019), nato con la caratteristica chioma “ginger” del padre, a palazzo tremavano all’idea di avere un piccolo erede, settimo per linea dinastica, più scuro di Calimero dopo un tuffo in una vasca di carbone, molti appassionati hanno pensato a Liz X, una regina del futuro dalla pelle scura che compare nella quinta stagione di Doctor Who (“la bestia di sotto”), serie di cui anche i reali britannici sono grandi appassionati o, più recentemente, alla regina Carlotta della serie TV Bridgerton, dando quasi per scontato che la linea dinastica proseguirà proprio da loro con eventuali mancanze di figli o abdicazioni dei cugini George, Charlotte e Louis.

Ma la storia, quella del passato, ci racconta, ben documentata e dimostrata, della presenza alla corte della regina Vittoria di una principessa yoruba divenuta figlioccia della regina stessa.

Gli Yoruba sono un gruppo etnico-linguistico diffuso soprattutto nell’Africa occidentale (soprattutto in Nigeria, Benin, Togo e Sierra Leone), deportati durante gli anni della tratta degli schiavi nelle Americhe, dove ancora oggi si trovano comunità a loro riconducibili.

Omoba Aina nel 1848 fu catturata bambina durante un’azione di caccia agli schiavi, e nella quale i suoi genitori persero la vita, messa in piedi dal re Ghezo di Dahomey (ora parte del Benin), monarca noto all’epoca per occuparsi direttamente della tratta degli schiavi. Il capitano Frederick Forbes, mandato in missione in Africa occidentale, trattò per inviare la bambina come dono alla regina Vittoria, cosa che avvenne dopo averla battezzata col nome Sarah Bonetta Forbes. Termini quali “caccia agli schiavi” e “dono” riferito a una persona sicuramente oggi ci disgustano, ma a metà dell’ottocento, per quanto già in molti condannassero queste pratiche aberranti, erano considerate normali.

Giunta in Inghilterra Sarah aveva solo 7 anni, una bambina impaurita strappata alla famiglia, al proprio paese di origine e alle proprie abitudini, catapultata all’improvviso in una società aliena. Ma fortunatamente la regina, per quanto gli storici ce la descrivano come capricciosa e incostante, fu subito colpita dalla sua intelligenza e dalla sua dignità tanto da finanziarne l’istruzione e provvedere al suo benessere. Molto apprezzata dalla famiglia reale, partecipava a molti eventi ufficiali come il matrimonio della figlia maggiore della regina. Fu proprio in uno di questi eventi che conobbe un ricco mercante di origine yoruba, James Pinson Labulo Davies, col quale si sposò, col consenso della regina, nel 1862.

Il matrimonio, molto sontuoso, degno di quello di un monarca, fu celebrato dal vescovo della Sierra Leone. La coppia ebbe tre figli e la primogenita venne chiamata Victoria, in onore della regina che volle tenerla a battesimo. A soli 37 anni Sarah morì di tubercolosi e in quell’occasione la regina annotò nel suo diario che la “sua figlioccia nera” era visibilmente addolorata per la morte della madre.

Un esempio di come la monarchia inglese fu all’avanguardia e di grandi vedute, di cui ci parla la scrittrice di origine somala Igiaba Scego nella sua ricerca della presenza nera nella storia e nell’arte europea, che ci fanno ben sperare in un enorme malinteso da parte dei Sussex.

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