Di Magali Prunai

“Io sono un baritono!” Affermazione strana per una donna, ma vi assicuro che l’ho fatta qualche annetto fa mentre cantavo con la mia dolce vocina da usignolo la mia aria d’opera preferita.

Ve la ricordate quella pubblicità di fine anni ’80, primi anni ’90 in cui una cantante lirica sponsorizzava un umidificatore per la casa? Io la ricordo molto bene, avevo 3 o 4 anni e fu la prima volta che ascoltai qualcosa che ricordava un po’ l’opera. Fu amore a prima vista e ogni giorno, ogni momento, ricantavo quel motivetto a ripetizione. Niente canzoncine dello Zecchino d’oro o sigle dei cartoni animati, ero completamente innamorata e rapita da quel modo di cantare e da quel timbro di voce. Ora immaginatevi una bambina piccola, per l’appunto di 3 o 4 anni, una massa di riccioli rossi, che zompetta felice per casa cantando come se fosse Maria Callas alla prima alla Scala. Sì, una Callas un po’ stonata però. Talmente stonata da non beccare una nota giusta neanche per sbaglio.

Ma il mio amore per un certo tipo di musica non si è esaurito con una pubblicità. Nel mio walkman, per chi se lo stesse chiedendo la mia generazione ha fatto a tempo a vedere e usare il walkman, gli audiolibri che raccontavano le storie alle quali si sono ispirati grandi balletti facevano da padroni. Da un lato la voce narrante con le musiche, dall’altro solo i motivi musicali. Sono arrivata così alla scuola media e il professore di musica ci fece ascoltare alcuni brani tratti dal Barbiere di Siviglia. Alcuni brani diventarono presto l’opera intera e poi un’altra opera, e poi un’altra e poi un’altra ancora. Ed è così che ho scoperto veramente la lirica. Ho iniziato ad andare a teatro ad assistere a varie rappresentazioni, a Milano ma anche in altre città; a collezionare cd e dvd di opere e a ricercare i libretti di quelle che preferisco.

Ma la prima che ho ascoltato, Il barbiere di Siviglia, avrà per sempre un posto speciale nel mio cuore. Amo Rossini alla follia e, anche se ha scritto musiche per opere più belle, quella sarà sempre la mia preferita. Per un fatto forse più che altro affettivo, tanto che da un viaggio studio a Siviglia ho riportato un servizio fotografico composto da mille inquadrature diverse del presunto balcone di Rosina, ma anche perché solo col Barbiere ho capito che il ruolo del baritono è il più bello di tutti.

Vi chiederete perché non ho tentato le parti della protagonista femminnile, un continuo gorgheggiare per il quale o si ha studiato tanto e si ha una bella voce o si rischia di sembrare una gallina che ha fatto l’uovo. E io, quando faccio dei gorgheggi, sono pronta a covare una dozzina di uova.

Inoltre il Barbiere, vero protagonista dell’opera, è il personaggio di azione, di ingegno, che risolve la situazione. Chi vorrebbe essere la fanciulla infelice segregata dal proprio tutore quando può essere chi escogita mille modi per salvarla e far si che coroni il suo sogno d’amore col suo innamorato? Chi vuole essere la principessa chiusa nella torre e controllata a vista da un drago, quando si può essere, o almeno cercare di essere, chi che dà al principe salvatore gli strumenti per sconfiggere il carceriere e liberare la dama? Vi chiederete, allora perché non essere il tenore, colui che libera la bella e che ha il finale “e vissero per sempre felici e contenti” (per lo meno nelle opere buffe)? Beh, ma perché le serenate preferisco riceverle piuttosto che farle.

E in attesa della “serenata”, lo metto fra virgolette perché penso che se mi si prensentasse sotto casa qualcuno con una chitarrina all’alba cantando “io sono Lindoro che v’amo e v’adoro” sprofonderei per la vergogna nelle viscere della terra, io e la mia vocina, che tanto “ina” non è, assolutamente stonata, continueremo a cantare tutte le parti di Figaro.

Del resto ve l’ho detto, io sono un baritono.

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