Di Magali Prunai

Italiani, francesi e spagnoli. Cosa hanno in comune oltre all’origine della lingua? La gestualità.

Ebbene sì, noi italiani insieme agli amati e allo stesso tempo odiati cugini francesi e spagnoli abbiamo una caratteristica che ci accomuna molto di più del latino come radice della nostra lingua. Gesticolare, associare a ogni nostra parola un gesto con le mani che accompagna l’espressione verbale. Linguaggio verbale e non verbale come un tutt’uno, l’uno legato inesorabilmente all’altro. Non può esistere la parola orale senza quella gestuale.

Molto spesso presi in giro per il nostro frenetico gesticolare, uno dei gesti più usati in assoluto da giovani e meno giovani di tutto il mondo deve la sua diffusione non a un italiano o a un francese o spagnolo ma al primo ministro inglese Winston Churchill. Due dita, indice e medio, polpastrelli rivolti in fuori che rappresentano la vittoria. Usato da Churchill per indicare la vittoria degli Alleati, il gesto ha conosciuto una grande diffusione anche in Giappone a partire dagli anni ’60 per poi essere usato, dagli anni ’70 in avanti, con il significato di pace dagli hippie americani. Sono storia, ormai, le immagini di John Lennon e Yoko Ono che, abbigliati come dei classici “figli dei fiori”, mostrano le due dita col significato di pace e amore.

Attenzione a non confonderlo con le stesse due dita ma girate dalla parte opposta, soprattutto nel Regno Unito o in Irlanda. Paragonabile al nostro dito medio, altro non significa che “possiedo ancora le dita per tirare con l’arco”. Un insulto che nasce da una storica presa in giro.

Gli storici, infatti, ritengono che i francesi avessero l’abitudine di tagliare le dita utili per maneggiare l’arco ai prigionieri inglesi. Gli arcieri inglesi, dopo la battaglia di Azincourt, nel 1415, durante la guerra dei cent’anni, iniziarono a mostrarle ai nemici francesi come scherno quando ricominciarono a vincere.

Altro gesto appena citato, e che non è proprio un complimento riceverlo e sicuramente farlo non ci rivela per dei campioni di educazione, è il dito medio. Offensivo, ritenuto degno di una scultura installata in piazza della Borsa a Milano, trova riferimenti già nella letteratura greca quando Giulio Polluce racconta di come veniva usato dagli Attici. Diogene Laerzio racconta che Diogene mostrò il dito medio in risposta a uno straniero che chiese di poter mirare Demostene. Si trovano dei riferimenti a questi gesti  anche quando si parla di dito impudico, poiché usato come ammonimento nei confronti di un’azione vergognosa.

Alle volte la comunicazione non verbale è molto più efficace di inutili e monotoni giri di parole.

Pensate a quanto fosse più immediato nel ‘400 prendere in giro un francese mostrando solo due semplici dita piuttosto che urlare “guarda francese, ho ancora tutte e due le dita per tirare con l’arco e vincere le battaglie”. Ora che si finiva la frase la mano era persa, se si riusciva a portarla a termine.

In uno studio del 1967 Albert Mehrabian, psicologo e docente statunitense, ha constatato che nel contesto di un laboratorio l’efficacia di un messaggio espresso a voce e accompagnato da una gestualità di significato opposto dipende solo in minima parte dal significato letterale delle parole espresse. L’importanza data al volume della voce, al tono e al ritmo era pari al 38%, quella delle parole stesse corrispondeva solo a un 7% dell’attenzione dei partecipanti all’esperimento, mentre i movimenti del corpo, in particolare le espressioni facciali, assorbivano il 55% dell’attenzione.

Lo stesso Mehrabian, comunque, ci tenne a precisare che il suo studio era concentrato su esperimenti riguardanti la comunicazione di sentimenti e atteggiamenti e quindi simpatia e antipatia per l’interlocutore hanno un ruolo fondamentale nell’ascolto e nella ricezione di eventuali messaggi aggiuntivi dati dal linguaggio del corpo.

Nel 2002, tornando ancora sull’argomento, il professore precisò nuovamente, con profondo disagio, che il suo studio aveva delle limitazioni notevoli nonostante ormai consulenti di immagini o di “leadership”, con scarse conoscenze psicologiche, lo abbiano preso come vero in assoluto.

Ciononostante, facendo nostre le parole di Paul Watzlawick “non si può non comunicare”, se non sappiamo esprimere correttamente a parole, e anche a gesti, le nostre idee rimarranno sempre e solo delle idee.

C’è chi trova più facilità nell’esprimersi nella lingua scritta, chi a parole e chi in entrambi i modi.

E poi c’è chi non è in grado di esprimere una frase di senso compiuto né a voce né scritta senza un fastidioso abuso di immagini animate ed “emoticon”. Speriamo che dopo secoli di evoluzione del linguaggio e della sua espressione non si torni a comunicare solo attraverso geroglifici che, per quanto il loro studio sia affascinante, non sarebbe indice di progresso.

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