Di Magali Prunai

“Rosa, Rosae, Rosae, Rosam, Rosa, Rosa”. Che la scuola sia finita ieri, un anno o 50 anni fa la prima declinazione latina, che si sia stati bravi studenti o più svogliati, non la si dimenticherà mai.

Sicuramente era ben nota ai nipoti di Carlo Magno, Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo, quando nell’842 d.C. firmarono un patto di reciproca fedeltà a Strasburgo se non proprio in latino in una lingua molto simile.

Da quel giorno in poi le lingue parlate e scritte si sono semplificate di molto e dal latino così come lo studiamo a scuola siamo arrivati alle lingue moderne che si parlano attualmente.

Che la vostra madre lingua sia l’italiano, il francese, il castigliano, il catalano, il provenzale, il ladino o il rumeno poco importa, state comunque parlando una deformazione e una semplificazione del latino.

Al tempo degli antichi romani il latino era la lingua internazionale, un moderno inglese in pratica, in uso nei rapporti politici e commerciali con altri popoli. Lingua semplice, intuitiva, immediata e, soprattutto, era la lingua del popolo più forte e dominatore. Difficile opporsi al suo utilizzo.

Utilizzato per la cultura, per scambi di varia natura o perché imposto dal più forte rimane sempre il fatto che molte delle lingue moderne si sono formate proprio dalla sua impronta.

Negli anni più moderni lo studio di questa lingua era ad esclusivo appannaggio degli studenti del liceo classico, una scuola per l’élite della società. Dopo i movimenti studenteschi e la completa rivoluzione del sistema scolastico e universitario le porte dei ginnasi e dei licei in generale si sono finalmente aperte a studenti provenienti da ogni dove.

Il latino, da lingua solo per pochi studiosi, è tornata ad essere la lingua delle masse. Il suo studio, i suoi segreti erano tornati a disposizione di chiunque avesse voglia di studiarli, conoscerli, approfondirli.

Da tempo si discute sull’utilità di continuare a insegnarlo nelle scuole e sull’opportunità di iniziarne i primi rudimenti già alla scuola secondaria di primo grado (ex scuola media).

Negli anni in cui ho dato ripetizioni di lingue come francese e spagnolo, o aiutando nello studio dell’italiano, mi sono resa conto come certi dubbi grammaticali verrebbero risolti velocemente e dipanati senza troppe perplessità solo con una basilare conoscenza del latino. Così come potrebbe essere fondamentale nell’imparare vocaboli nuovi o essere in grado di intuirli anche senza conoscerli.

Pensiamo a un vocabolo se non difficile quanto meno desueto come “ebdomadario”. Vi ricordate quando sei anni fa, proprio in questi giorni, ci fu l’attentato alla redazione di “Charlie hebdo”? Vi siete chiesti il significato della parola “hebdo”? I francesi, si sa, amano i troncamenti ed “hebdo” non fa eccezione . La parola corretta altro non è che “hebdomadaire”, ovvero settimanale. Dal latino tardo “hebdomadarius” ecco che si è trasformata, ma non troppo, in italiano e in francese. Conoscerla in latino fa sì che la si conosca in ben due diverse lingue.

Gli esempi si sprecano e trovo inutile riempire queste pagine di parole a supporto di questa mia tesi. Basta aprire un buon vocabolario per rendersene conto.

Semplificare il livello di approfondimento e le aspettative della scuola verso gli studenti e degli studenti verso la scuola ha portato a elimianre dal grosso dei licei, esclusi i classici ovviamente, l’insegnamento della lingua latina. Attualmente gli istitui superiori che hanno mantenuto il latino per tutti e cinque gli anni o solo al biennio sono talmente pochi che questa lingua è tornata ad essere un insegnamento d’élite.

E l’istruzione, buona e completa, per sua stessa natura non può e non deve essere solo per pochi fortunati.

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