di Magali Prunai
“Oh mon Dieu, mon Dieu de la France, donne moi beacoup d’espérance”, si diceva una volta. Ma ultimamente potremmo riciclare questa frase con un più banale e significativo “mon Dieu du 2020”. Che l’anno non sia proprio fra i migliori da ricordare nella storia più recente è inutile dirlo. Abbiamo iniziato col rischio di una nuova guerra mondiale e chissà come finiremo.
Epidemia a parte, gli eventi che ci hanno colpito maggiormente negli ultimi giorni sono stati gli attentati di Nizza e Vienna.
La mente corre subito ai tragici fatti di Parigi, quando alcuni redattori della rivista satirica “Charlie Hebdo” furono uccisi da dei terroristi di matrice islamica per vendetta nei confronti di alcune vignette considerate offensive perché riguardavano il profeta Maometto. E poi ancora Parigi, il Bataclan, il nord del paese e poi il sud, la Costa Azzurra. Il terrorismo colpisce in un giorno di festa, a Nizza, il 14 luglio, subito dopo i tradizionali fuochi d’artificio. Il clima, in tutta la regione, nei giorni seguenti sarà teso, opprimente. E negli anni successivi la paura di un pericolo costante non abbandonerà mai del tutto gli animi dei francesi. Non dimenticherò mai la cerimonia del 14 luglio in una località vicino Nizza, quando il rombo un po’ troppo rumoroso di un’auto fece sobbalzare tutti gli intervenuti e schierare la polizia in una formazione difensiva.
I recenti fatti sanitari che hanno coinvolto il mondo intero hanno lasciato un po’ da parte la paura di un nuovo attentato. E proprio quando si è abbassata completamente la guardia, ecco che il sangue torna a scorrere nel peggiore dei modi. Di nuovo Parigi, di nuovo vignette di dubbio gusto di “Charlie Hebdo” e un professore di storia decapitato, perché le ha portate a esempio in una lezione sulla libertà di espressione. Severa la condanna del presidente della repubblica, Emmanuel Macron, alla quale alcuni paesi, in testa a tutti la Turchia, ribattono chiedendo più rispetto nei confronti della propria religione e del profeta.
Passano pochi giorni e il terrore colpisce ancora, di nuovo a Nizza, all’uscita di una chiesa tre persone verranno uccise. Contemporaneamente ad Avignone un folle colpirà gli agenti della polizia. Si registrerà un solo decesso, quello dell’attentatore. E poi ecco dei disordini a Lione, dove la furia cieca e omicida si scatena contro un prete ortodosso.
La Francia non abbassa la testa, decide di non soccombere alle ferite e tutto il mondo le manifesta vicinanza. È a questo punto che il mirino si sposta dalla Francia all’Austria. È l’ultima sera prima di un nuovo locdown a Vienna quando degli individui, uno si scoprirà indossava una cintura esplosiva, attaccano la popolazione in sei differenti luoghi della città. Poteva essere una strage, visto che molti erano usciti per l’ultima volta in vista di un mese di confinamento, ma per fortuna non lo è stato. Uno dei punti centrali dell’attacco è stata la sinagoga di Vienna, già centro della furia antireligiosa nel 1981.
Di nuovo la vicinanza e la solidarietà di tutti gli Stati. Resta ferma, e tale dovrà rimanere, la convinzione che non siamo e mai dovremo essere sull’orlo di una guerra di religione, di una moderna crociata che vede contrapporsi l’Islam e tutte le altre religioni su fronti opposti.
Una cosa deve sempre rimanere ben chiara, libertà di espressione e libertà di offesa non sono la stessa cosa e l’una non implica l’altra. A questo proposito le dichiarazioni, a caldo, del vescovo di Nizza, André Marceau, che ha affermato “je ne suis pas Charlie”. Afferma, infatti, che in Francia la libertà di espressione è sacra, ma certe esternazioni andrebbero riviste e limitate, quanto meno assumendosi direttamente le proprie responsabilità.
Idea che si sposa male con la nota, quanto mitologica, espressione sempre francese “non sono d’accordo con ciò che dici, ma morirei per permetterti di dirlo”.
Solo una cosa è sicuramente certa: che le proprie responsabilità la redazione del giornale satirico le ha scontate e a caro prezzo.
NOTE
- “O mio Dio, mio Dio della Francia, dammi tanta speranza”
2. “Io non sono Charlie”. Lo slogan “je suis Charlie” (“io sono Charlie”) fu adottato dopo l’uccisione di alcuni redattori della rivista