di Magali Prunai
La notte era buia e gelida, il vento soffiava forte e nella brughiera si sentiva come un lamento. Il fabbro Jack era come al solito ubriaco al pub quando fece forse il più spaventoso di tutti gli incontri. Si ritrovò a parlare col diavolo in persona, ma intento com’era a prendergli l’anima non si accorse di quanto furbo fosse il suo interlocutore. Jack chiese al diavolo di trasformarsi in una moneta per poter fare un’ultima bevuta prima della dannazione eterna.
Fu accontentato e una volta trasformato in moneta venne inserito in un portamonete insieme a una croce in argento. Il diavolo non poteva più tornare alla sua forma demoniaca e patteggiò 10 anni di salvezza, poi però sarebbe tornato. E così fu. Dopo 10 anni il diavolo tornò per prendere l’anima di Jack, il quale però chiese di poter mangiare per l’ultima volta una mela. Il diavolo si arrampicò su un melo sul cui tronco, ironia della sorte, venne incisa una grossa croce. A quel punto, non potendo più scendere, promise di non toccare l’anima di Jack per l’eternità. E così fu. Jack un giorno morì, ma visti gli enormi peccati commessi in vita le porte del Paradiso per lui rimasero chiuse. Il diavolo mantenne la sua promessa e non lo accettò neanche lui, condannandolo a vagare per l’eternità nell’oscurità con un tizzone ardente per scaldarsi portato in una rapa scavata e usata come lanterna. E fu così che in Irlanda nacque la leggenda di Jack O’-Lantern. Leggenda esportata dagli irlandesi che immigravano negli Stati Uniti, trasformando la rapa in una zucca perché più facile da reperire sul territorio.
Insieme alla tradizione di Jack O’-Lantern gli irlandesi che raggiungevano l’America in cerca di migliori condizioni di vita esportarono anche la festa dedicata alle anime dei defunti.
I Celti, popolazione che abitava la verde Irlanda, festeggiavano la fine dell’anno il 31 ottobre. Principalmente pastori, quando tornavano a valle alla fine dell’estate si preparavano per affrontare il lungo e freddo inverno. Finiti tutti i preparativi potevano finalmente dedicarsi a tre giorni di riposo e festeggiamenti.
In occasione di Samhain, così i celti chiamavano questa festività, ci si ingraziavano gli dei, ringraziandoli per l’ottimo raccolto e non solo. La notte, indossando delle maschere grottesche, nei boschi si accendevano dei falò, il fuoco sacro, le cue braci venivano usate per illuminare la via con delle lanterne ricavate nelle cipolle e nelle rape. Dopo aver sacrificato alle loro divinità degli animali, si vestivano con le loro pelli per spaventare gli spiriti erranti. Credevano, infatti, che quella notte le anime dei defunti si rianimassero, tornando a camminare sulla terra paralizzando temporaneamente il tempo e lo spazio.
In epoche successive, proprio per questa ragione, in Irlanda si diffuse l’abitudine di lasciare fuori dalle porte di casa fiaccole e cibo per illuminare la via e rifocillare gli spiriti, onde evitare qualche brutto scherzo da parte loro.
Dunque niente riunioni notturne di streghe con danze indemoniate davanti al fuoco nelle foreste, niente gatti neri dispettosi o interpretazioni sataniche. Halloween, anche se ora molto di moda perché è diventato un affare commerciale e di consumo, nasce con lo scopo di esorcizzare una delle paure più antiche che l’uomo si porta dietro fin dalla notte dei tempi: la paura della morte.
Se il 31 ottobre qualche bambino vi bussa alla porta, mascherato da vampiro o da streghetta al grido di “scherzetto o dolcetto”, non scacciatelo infastiditi perché è solo la festa del consumismo importata dall’America. Come abbiamo visto ha radici molto più antiche e profonde che nascono proprio nel vecchio mondo.
Non siete ancora convinti? Degli storici, studiando proprio l’origine di Halloween, hanno ritrovato molti punti in comune con la festa dedicata a Pomona, dea dei frutti e dei semi, e con i Parentalia, per l’appunto la festa dei morti nell’antica Roma.
Nel sacchetto dei piccoli stregoni oltre a un gustoso pacchetto di Jelly Babies io vi consiglio di inserire anche una mascherina e un flaconcino di gel disinfettante che, visti i tempi, non guastano mai.