di Magali Prunai


In una via del centro di Milano, vicina al poco noto parco dell’anfiteatro romano e alle notissime colonne di San Lorenzo, meta indiscussa di molte serate e pomeriggi dei giovani milanesi, sorge, ormai da sei anni, un’installazione molto particolare: il “wall of dolls”.

Una parete ricoperta di bambole per combattere, simbolicamente, qualsiasi tipo di violenza sulle donne.
Nella notte fra il 19 e il 20 luglio qualcuno, pare molto annoiato, ha pensato bene di dare fuoco a questo simbolo, dando metaforicamente fuoco ad anni di battaglie, conquiste e politiche a sostegno della donna e per combattere qualsiasi tipo di violenza, sia fisica, che mentale.
Una parete innocente come solo una bambola può esserlo, ma carica di significato, che urla un messaggio forte e chiaro: basta! Basta soprusi, basta violenza.
Secondo l’Istat più di 6 milioni di donne in Italia fra i 16 e i 70 anni hanno subito una qualche forma di violenza, da quelle meno gravi alle peggiori, come lo stupro, ad opera di parenti, amici, colleghi di lavoro o sconosciuti. Persone note alla donna, che hanno pensato di avere un qualche potere decisionale sulla mente e sul corpo della propria moglie, figlia, amica, collega o su una semplice passante, una vicina di autobus.


Nel 1999 fece scalpore una sentenza della corte di Cassazione, la numero 1636, che stabilì che il rapporto era consenziente, e quindi non c’era violenza, se la donna indossava dei pantaloni difficili da sfilare come dei jeans. Affermarono i giudici che “è illogico affermare che una ragazza possa subire uno stupro, che è una grave offesa alla persona, nel timore di patire altre ipotetiche e non certo più gravi offese alla propria incolumità fisica”.
Da decenni il concetto di vittima non poi così vittima non veniva più preso in considerazione nelle aule di un tribunale.

Un concetto al quale quella sentenza ha aperto le porte al punto che non troppo tempo fa un giudice ha rispedito al mittente le accuse di stupro perché la presunta vittima è stata considerata troppo brutta per poter tentare qualcuno.


E’ difficile stupirsi, quindi, che nonostante le richieste di aiuto ai centri antiviolenza siano in costante aumento, nel periodo del lockdown si è stimato un aumento del 73% rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente, le denunce sono ancora poche.
Le bambole del “wall of dolls” sorridevano dall’alto della loro postazione ai passanti, forse erano colpevoli proprio di questo o forse erano solo le bambole sbagliate nel posto sbagliato.

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Ma anche dopo lo scempio del fuoco si trovano ancora al loro posto, un po’ annerite, ma sorridenti. E ci ricordano ancora che il problema è lontano da essere risolto.

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