di Andreas Massacra

Sono notizie di pochi giorni fa. La prima è che a York, la statua di Costantino il Grande fuori della Cattedrale della città potrebbe rischiare di esser rimossa per mano della stessa York Minster, a causa delle proteste che stanno ritraendo l’imperatore romano quale promotore della schiavitù; la seconda è che il Byzantine studies for North America ha pubblicato un annuncio che suona così: “Annunciamo un’iniziativa per decolonizzare gli studi bizantini. Vi invitiamo a riflettere sulla seguente domanda: gli studi bizantini sono una disciplina colonialista? Forniremo forum per la discussione e lo scambio di strategie pedagogiche per gli incontri virtuali autunno.”

Queste posizioni sono dannose per due motivi: il primo è un motivo squisitamente scientifico disciplinare, il secondo è un motivo politico e sociale.

Da un punto di vista scientifico il leggere la storia con le lenti, morali per altro, del presente ne snatura il valore universale ed educativo. Nella riflessione storica di 1 deposit casino nz.com secoli or sono la storia era detta magistra vitae. Ma forse l’unica lezione che la storia dà è quella di non fornire alcun esempio da seguire; essa in realtà, nella sua complessità, ci previene contro ogni tendenza a cercarne. La storia spiega e rappresenta al medesimo tempo, il materiale che utilizza nelle sue spiegazioni, perché essa si ritrova fino al più minuto dei dettagli, che in ogni momento può essere usato in un senso determinato. Gli elementi che hanno concorso alla creazione di una forma della manifestazione della vita, che sorse in un determinato luogo e momento, sono unici e non saranno mai più in alcun altro luogo.

Potremmo anche abbreviare questo concetto con i termini greci di συμπάθεια e ποίησις ovverosia la comprensione umana dell’uomo che fu, la capacità di riportarlo in vita.

La cancellazione dello spirito di analisi storica (e queste due vicende sono emblematiche perché non solo si giudica moralmente un’epoca distante anni luce, ma perché si applicano categorie storiche come l’imperialismo moderno ad un mondo, come quello bizantino, che ne era del tutto estraneo, ad esempio), porta con sé anche la perdita di una seconda caratteristica che dovrebbe informare lo studio della storia e di ciò che ci lascia: la coscienza della relatività, una relatività profonda sulle conoscenze della realtà passata. Non solo è illusorio credere che possa esservi una riduzione semplice e definitiva dei fenomeni ma che la verità stia in mezzo alle interpretazioni che ne diamo e ad altre cose che ignoriamo e che forse non sapremo mai. Il risvolto più immediato della relatività delle conoscenze, propria dello spirito storico, è la necessità della tolleranza. Una barbaria iconoclasta che presume di poter ergersi a tribunale della storia non fa altro che perpetrare, o dare maggiore probabilità che si ripetano, gli errori che condanna. Anche la statua del discusso Leopoldo II del Belgio è sintomo di uno spirito del tempo, è testimonianza di quel tempo (al netto dei giudizi estremamenti critici che già durante la vita del sovrano venivano espressi sul suo operato di governo costituzionale in Belgio e personale in Congo). Viceversa un attento studio della storia permetterebbe di capire l’attuale situazione del Congo, senza mistificazioni, senza perbenismi, senza moralismo e agire politicamente di conseguenza e adeguatamente, non per cancellare il passato, ma per costruire più ragionevolmente il futuro (a titolo esemplificativo: capire i motivi che hanno portato il Congo ad essere la realtà che è oggi può aiutare e dirigerne uno sviluppo più sostenibile ed equilibrato domani) . Ma ci rendiamo conto che fa più comodo prendersela con una statua piuttosto che rivedere le politiche di sviluppo da primo mondo.

E qui sta tutto l’infantilismo attuale dell’Occidente , che come un bambino piccolo, quando vede una cosa che non gli piace o che pensava gli potesse piacere, la butta via, come un sonaglino rotto, solo che la Storia, a differenza dei giochini è il complesso di ciò che ci ha portati al mondo attuale. Un atteggiamento freudiano che probabilmente non è nemmeno richiesto dagli esponenti di punta del BLM ma che per un moralismo ipocrita e stupido tutto nostro sentiamo di dover esplicitare.

Da un punto di vista politico sociale, questa campagna iconoclasta non fa altro che polarizzare gli animi di una società europea, e quella italiana soprattutto, già sfilacciata e caratterizzata da forti contrapposizioni. E così anche chi come me, della statua di Montanelli “se ne sbatteva allegramente”, è costretto a prendere posizione verso il fronte di chi vuole che sia lasciata lì dove sta perché si è visto che da Montanelli a Costantino il passo è stato più breve di quanto si immaginasse.

Nell’epoca presente, se contrapposizione ferma e violenta ci deve essere che sia almeno su qualcosa per cui valga la pena, tipo ad esempio i diritti sociali, continuamente lesi ed erosi per le classi subalterne. Questo accanimento contro le statue e questa distorsione della storia porta all’irrigidimento delle posizioni, e risulta essere per nulla persuasivo, fallendo quindi in ultima analisi, lo scopo che si era prefissato, quello della creazione di una nuova coscienza collettiva e condivisa nuova.

Se applicato alle istanze presenti e geolocalizzate, il movimento BLM è latore di più che ragionevoli e giuste richieste e rivendicazioni, il volerle applicare al passato e alle sue testimonianze lo rende uno dei più grossi e ridicoli errori del 2020.

Loading

Di admin