di Andreas Massacra

Il nostro sistema economico e sociale sta facendo i conti con la “natura” in due forme ugualmente perniciose, quella del repentino, ma sembra inesorabile, cambiamento delle condizioni climatiche e quello dell’infinitamente piccolo, il Sars coV-2 . Vorremmo qui tentare un piccolo sforzo concettuale sulla “natura”, dato che, considerate le misure in atto, il tempo non ci manca.

Partendo così, dal basso e ampio, esiste una natura di grado zero, N0, che è una entità astratta e omnicomprensiva che regge, con la forza delle sue leggi tutto l’universo animato e inanimato, dalle Super-giganti rosse ai Prioni, dal “il ruscello mormora senza sosta contro le pietre che vorrebbero impedirgli di correre” di Jules Renard ai limiti della costante di Planck. Ha poco senso ragionare di natura in questo contesto storico particolare intendendo la N0, poiché anche la fabbrica più inquinante, anche la città meno “green” che si possa immaginare, obbediscono alla termodinamica e ai modelli che reggono l’intero universo. Tutto ciò che esiste è natura secondo la N0.

Procedendo per gradi, vorremmo concettualizzare una natura di grado uno, N1. Questa ci riguarda più da vicino, come viventi e come terrestri. Essa regge, ordina l’immensa varietà dei processi biologici. E’ la natura di Leopardi, di Schopenhauer, di Bergson (se la N0 è la natura di Spinoza); è l’insieme delle leggi della biologia e il risultato del processo evolutivo della vita.

Da essa derivano le altre due ipostasi categoriali, la natura di grado due, N2 e la natura di grado tre, N3. La prima, la N2 è intuitiva: ed è le cose che ci circondano, animali, fiori, piante, montagne, colline, ghiacciai, deserti, ecc… ma anche virus, batteri e altri microrganismi. Cose che forse ci sarebbero anche senza il contributo di uno dei suoi membri illustri, l’Homo Sapiens Sapiens. E’ la natura di Cino Boccazzi e delle sue cronache di viaggi ed esplorazioni. E qui arriva la N3, cioè il risultato della millenaria iterazione dell’uomo con la N2. Le colline coltivate, i prodotti dell’agricolutura, le razze degli animali domestici, alcuni virus e batteri che l’uomo ha modificato intenzionalmente o nolente. Tutte entità che invece non ci sarebbero senza il contributo umano. Questa è la natura di cui noi parliamo più spesso e che contrapponiamo alla cultura e all’artificio. E’ la natura arcadica di Virgilio e Sannazzaro.


Storicamente si va dalla 0 alla 3, tenendo conto che N1, N2 ed N3, valgono per ora, solo per il nostro pianeta (restiamo fedeli però al principio antropico). Lo status epistemico delle quattro nature è ovviamente differente: la N0 è un insieme di leggi (andiamo a capire quanto universali e immutabili); la N1 è un meccanismo esplicativo specifico per i terrestri viventi, semiempirico e abduttivo; N2 coincide con l’insieme descrittivo di quanto per ora esiste sul pianeta terra, se ipoteticamente non ci fosse il contributo umano; e N3 è una idea limite, un costrutto ipotetico.

Il dibattito politico e di sviluppo verte sulla differenza tra N2 ed N3. Esse seguono ovviamente N0 ed N1, non possono fare a meno di seguirne le leggi e gli sviluppi. Ma proprio qui si innesta l’errore. Se N2 ed N3 si prestano ad essere antropomorfizzate ed è facile ascrivere loro una teleologia, ciò che ne governa i processi e le ha portate al loro stato attuale non ha una volontà centrale che li governa, non è nemmeno una forza organizzata e diretta ad un fine. N2 ed N3 sono il concorso di un numero enorme di fenomeni con alla base N0 e proceduti secondo i modelli di N1.

L’errore delle politiche adottate per l’emergenza clima ma anche, e lo abbiamo visto, nell’emergenza virale è stato gestirle come se il clima e il virus potessero seguire regole antropomorfizzate, sentire pressioni psicologiche e politiche (l’esempio più clamoroso sono stati gli apertivi e le cene sociali ad inizio epidemia). Un poco articolato dibattito e una frettolosa riflessione sulla “natura” (di cui questo articolo non vuole certo essere né definitivo né angolare) hanno portato a confondere i piani epistemici e ad agire su un piano descrittivo laddove l’azione avrebbe dovuto seguire una condotta spiegantesi sul livello normativo. Gli effetti deleteri di questa confusione li vediamo nel fallimento sostanziale della COP25 e nell’ormai evidente sovraccarico del nostro SSN.

Questo troviamo che sia un perfetto esempio di come una sana riflessione teorica e concettuale sia ancora indispensabile nel regolare le condotte di una società in cui l’operatività della tecnica la fa da padrona.

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