di Domenico Vito

“Shaarif don’t like it”, Non piace allo sceicco.

Cosi iniziava una canzone del gruppo punk “The Clash” negli anni 70.Il brano denunciava dell’influenza dei grandi potentati del medio oriente sul mercato internazionale del petrolio. E tale influenza si è vista e forte anche in questa 50 sessione dei negoziati intermedi dei Corpi sussidiari (Subsidiary Body) dell’ UNFCCC.

Ma andiamo con ordine…prima una breve introduzione, sul contesto.

I corpi sussidiari all’interno dei negoziati sono quegli organi corollari all’Assemblea Plenaria delle Parti (COP), atti a predisporre e facilitare i negoziati, armonizzando e sintetizzando i contributi dei vari stati e producendo solitamente sotto forma di bozze e documenti, le risoluzioni e le decisioni funzionali ai processi negoziali finali.

Fig,1 Struttura UNFCCC (Fonte UNFCCC website)

All’interno della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) esistono due corpi sussidiari permanenti ossia il Subsidiary Body for Implementation (SBI), la cui funzione è di affrontare tutte le questioni di attuazione della Convenzione, del Protocollo di Kyoto ed oggi anche dell’Accordo di Parigi e che quindi affronta tutti i nodi implementativi legati a trasparenza, mitigazione, adattamento, finanza climatica, trasferimento tecnologico e capacità building;  il Subsidiary Body Scientific and Technology Advice,che da supporto scientifico e conoscitivo ai negoziati e le cui principali aree di lavoro comprendono la valutazione degli impatti, della vulnerabilità e dell’adattamento ai cambiamenti climatici dei vari paesi , lo sviluppo di tavoli tecnici per migliorare le linee guida per la preparazione e la revisione degli inventari delle emissioni dei gas serra, e tutte le attività metodologiche e scientifiche, collegate alla ricerca e all’osservazione sistemica del fenomeno del cambiamento climatico.

..arriviamo al SB 50 dalla COP24

I corpi sussidiari si trovano periodicamente in corrispondenza e al di fuori delle COP, – cosi come è accaduto a Bonn dal 17 al 27 giugno.

In questa 50 sessione , il cuore della questione era affrontare quei nodi lasciati aperti alla COP24 riguardo all’implementazione dell’Accordo di Parigi.

L’importanza era particolare in vista di altri due importanti appuntamenti alle porte, ossia il Climate Summit di New York (SG)  di settembre e la COP25 in Chile a dicembre: occorreva recuperare il tempo perso nella seconda settimana di Katowice a seguito di resistenze negoziali di alcuni stati che avevano lasciato dei buchi importanti nell’approvazione del Katowice Climate Package.

I temi da dibattere riguardavano i meccanismi di rendicontazione delle emissioni e di revisioni dei National Determined Contributions  

…Come è andata?  

Un detto indiano dice “più vuoi correre e più non arriverai” e questa è stata la grande morale dei negoziati intermedi. In seno al SBSTA i lavori sono iniziati sotto l’egida di un “Gentlemen Agreement”, ossia una consultazione a porte chiuse voluta dal presidente del SBSTA, Paul Watkinson per accordare le Parti nell’inserire in agenda il punto che nella COP di Katowice aveva più suscitato dissidi: il riconoscimento dell rapporto speciale IPCC  finalizzato di rafforzare le conoscenze scientifiche sull’obiettivo di 1,5 ° C. Tale riconoscimento avrebbe avuto valenza strategica sia per la preparazione per il sesto assesstment report (AR6), sia per il complementamento dell’Accordo di Parigi nelle successive sessioni (SB51 e SB52) all’SG e alla COP25.

Nonostante questi buoni propositi tuttavia – gli sceicchi non hanno voluto, – come citato in testa – impantando sin dai primi giorni la discussione. I negoziatori dell’Arabia Saudita difatti sono stati abili a mettere in forte discussione il lavoro degli scienziati e dei negoziatori, sostenendo che il testo del rapporto “non fosse alla portata degli stati in via di sviluppo”, “che le soluzioni proposte non consideravano il gap tecnologico e scientifco tra Paesi in via di Sviluppo e Paesi Sviluppati” e che fosse necessario investire nel “trasferimento tecnologico e nel capacity building verso gli Stati in VIa Di Sviluppo”.  I Sauditi sono stati altresi scaltri nel fare dell’obiettivo 1,5 una “questione geopolica” attirando a se il supporto di Iran, Russia e USA e il benestare di alcuni PVS persuasi che le tesi saudite potessero essere riguardarli direttamente.

Sebbene adducendo motivazioni più o meno accoglibili, la loro strategia nascondeva una reticenza nell’abbandonare le fonti fossili verso una transizione energetica rinnovabile – che a detta di molti non convince ancora i Sauditi che sentono minacciata troppo la struttura l’attuale economia  Non è servito infatti il tentativo (forse un po’ goffo) dell’Europa che ha provato a rispondere alla richiesta di “capacity building” – volendo smascherare la strategia del blocco – e  proponendo di inserire nei documenti finali “un incremento di workshop e momenti di formazione sulle scienze del clima e sul rapporto rivolto ai PVS”, per salvare la presenza del rapporto nei documenti approvati in ultima istanza.

La questione ovviamente andava oltre questa richiesta strumentale, e si potratta in  due slot negoziali informali in piu rispetto a quelli previsti in calendario per dirimere la questione. Il tira e molla tra le Parti ha portato ad un vero disastro negoziale.

Il rapporto non è mai stato discusso formalmente e la risoluzione approvata in ultima istanza ringrazia il lavoro degli scienziati non citando tuttavia in alcun modo ne il rapporto ne la strategia a 1,5 °C..

Il testo in agenda iniziale di 13 articoli si è ridotto a soli 4 punti. Il testo della risoluzione è disponibile qui.

Per saperne di più, qui un resoconto delle negoziazioni sul tema dell’ IPCC e obiettivo 1,5.

.. le reazioni

“Science is not negotiable”.

Ovviamente molto dure le reazioni dei non-party stakeholders ossia degli osservatori non nazionali a questo risultato.

Le costitutenti di ONG, giovani donne e comunità indigene hanno duramente commentato nei loro discorsi finali questo risultato rimarcando che la scienza non è negoziabile e sottolineando il paradosso per cui l’implementazione dell’Accordo di Parigi nato da basi scientifiche sul cambiamento climatico rischia di essere implementato a livello internazionale senza il ricoscimento di quelle basi stesse che ne hanno dato origine. Lo slogal era presente anche sulla maglietta di un negoziatore svizzero – Franz Perrez – che ha deciso di esprimere così il suo dissenso in plenaria

Le proteste sono state spesso molto colorate come ad esempio i FLASH MOB di YOUNGO all’interno e all’esterno del World Conference Center che hanno fatto eco allo sciopero internazionale di Fridays For Future,  fatto contemporaneamente il 21 giugno ad Aachen.

…e per il resto ??

Oltre all’obiettivo 1.5°C altri elementi erano in agenda come la discussione sui periodi di revisione comuni degli NDC (i contributi volontari che gli stati si pongono per diminuire le emissioni e che sono periodicamente verificati in seno all’UNFCCC). i meccanismi e i fondi per i Loss & Damage e i meccanismi di rendicontazione delle emissioni 

Senza entrare troppo nel tecnico per il primo punto era necessario trovare delle periodizziaziIn oni comuni per la revisione degli NDC , per il secondo si sarebbe dovuto discutere di come far compartecipare tutti i paesi al finanziamento dei fondi per il recupero dei danni causati dal cambiamento climatico e per il terzo era importante capire come rendicontare senza “doppioni” i contributi di riduzione, considendo anche quelle azioni non legate al mercato del carbonio.

Anche in questi tre punti l’azione di freno dell’Arabia Saudita l’ha fatta da padrona, portando a rimandare le discussioni focali alle successive sessioni

….elementi positivi

Sono emersi invece elementi molto positivi in due settori in particolare: l’agricoltura e l’educazione.

In un clima collaborativo e disteso contrariamente agli altri negoziati , è stata approvata la prossima agenda del Koronivia Joint Framework on Agricolture, una piattaforma di dialogo partecipativo promossa dalla FAO per valorizzare il ruolo dell’agricoltura e degli agricoltori nelle azioni di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico.

Qui il testo della bozza finale.

Con un ruolo molto forte dell’Italia e dell’Europa invece si è chiusa la settima sessione del dialogo dell’Action for Climate Empowerment (ACE) ossia quella serie di azioni che ricadono nell’articolo 12 dell’Accordo di Parigi volte a sensibilizzare, informare e creare coscienza sul cambiamento climatico. Nell’occasione presieduta dal Ministero dell’Ambiente Italiano, si sono ribaditi i risultari ottenuti nella COP24 nella quale è stato adottato che l’ ACE diventi parte del programma Doha (Doha Work Program), ossia che in pratica che l’educazione e la sensibilizzazione diventino parte integrante delle strategie di sviluppo sostenibile degli stati. Il dialogo ACE ha sancito altresì che ogni stato abbia un focal point dedicato che possa fungere da collettore e punto di riferimento per tutte le iniziative territoriali.

….in conclusione

Questi negoziati intermedi hanno rattristato molte speranze di uno sblocco degli elementi in ballo a Katowice. Non certo un esempio di “alta ambizione”.
In quelle sale è parso che la resistenza al cambiamento e dinamiche economico politiche hanno avuto il sopravvento sulle suggestioni degli scienziati.Con l’Accordo di Parigi sembrava che l’accordo tra queste due figure mitologiche – scienziati e diplomatici – fosse giunto ormai all’idillio.

Bisogna invece ancora parlarsi  e capirsi. Nella speranza che nel frattempo altri giovani leader anche in quei paesi piu’ resistenti possano agire nelle loro regioni di provenienza.

La strada per la COP25 è ancora lunga, cosi come per l’implementazione dell’Accordo di Parigi.

Speriamo che dei progressi si possano fare la Climate Summit di New York. Nel frattempo cerchiamo di reagire in modo rock prima di rimanere incagliati nella Casbah.

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