di Domenico Vito

In questi giorni sta impazzando la notizia che in UK, grazie alle proteste degli attivisti di Extintion Rebellion (ER) è stato proclamato lo stato di Emergenza Climatica su proposta di Jeremy Corbyn.

Premesso, non voglio entrare nel merito sulle proteste di sulle quali ho una mia personale opinione – ma vorrei cogliere dalla vicenda alcuni elementi per capire cosa sta succedendo in merito alla diffusione mediatica data alla lotta al cambiamento climatico.

La dichiarazione di Emergenza Climatica ha sicuramente destato grande scalpore e animato molto gli spiriti dei sostenitori della causa della lotta al cambiamento climatico.

Tuttavia non per frenare gli entusiasmi, mi duole dire che questa dichiarazione, agli atti pratici rimane molto un proclama.

Cerchiamo di andare nel dettaglio.

La dichiarazione di Emergenza Climatica è seguita alle massive dimostrazioni di Extintion Rebellion. Tali manifestazioni hanno alzato incredibilmente l’attenzione sul fenomeno. E questo è sicuramente positivo (anche se a questo ci stava già pensando Greta e FFF).

La paralizzazione delle città ha creato chiaramente disagio a tal punto che il Governo non ha potuto negare di prendere in considerazione la situazione.

In particolare, il politico inglese – Jeremy Corbyn – del Partito Labourista ha preso l’iniziativa ed ha dichiarato al Parlamento di dichiarare lo stato di Emergenza Climatica.

Un risultato, potremmo dire dato che finalmente grazie alle proteste di Extintion Rebellion lo stato riconosce il problema del Cambiamento Climatico e riconosce lo stato di crisi.

Tutto fantastico ma il problema è che….

Questa dichiarazione non comporta nessuna implementazione pratica di misure di adattamento e mitigazione, come richiesto dall’Accordo di Parigi e dal successivo “libro delle regole” di Katowice.

Che è quello che serve adesso.

Sottolineo adesso sia per rimarcare l’urgenza di azioni e misure.

Sia perchè -seppur si possa pensare che la dichiarazione di “emergenza climatica” pone il governo nello stato di riconoscimento del problema e quindi formalmente obbligato ad attuare in futuro provvedimenti – la questione è che tale dichiarazione sarebbe dovuta essere già implicita nella ratifica dell’Accordo di Parigi..Ossia nel 2015. E l’ UK è stato uno dei primi paesi firmatari.

Ribadirla, può avere un senso mediatico, fa simpatia…ma…

Ma ripetere una procedura parlamentare per rinoscere un traguardo che sarebbe dovuto già essere assodato da accordi internazionali legalmente vincolanti, non rappresenta proprio il massimo della “time efficiency” posto che abbiamo 12 anni per contrastare il cambiamento climatico.

Ad oggi quindi questa dichiarazione non muta l efficacia dell’impegno dell’UK nella lotta al cambiamento climatico. Se non nel potenziamento degli intenti.

Se non seguono chiare strategie e piani di adattamento e mitigazione pluriennali e che coinvolgono attivamente la comunità e la cittadinanza, questa storia dell’emergenza climatica rischia di rimanere all’atto pratico un bonario escamotage politico del pur simpatico e sicuramente propositivo Corbyn per cogliere la palla al balzo su un tema politicamente caldo (ndr tanto per..), raccogliendo la simpatie delle masse manifestanti e nel medesimo tempo per calmierare la situazione sociale insostenibile nel paese a cui Extintion Rebellion aveva portato il paese.

Oltre a questa considerazione, la vicenda inglese contiene altri due lasciti, che – come in ogni processo storico , aiutano a vedere meglio l’evoluzione dei fenomeni e le future prese di decisioni.

  1. Jeremy Corbin è un abilissimo politico capace di imbonire anche positivamente le masse grazie alle sue anche lodevoli azioni, mantenendo la simpatia…con strategie tipiche del suo tempo (Corbyn bontà sua ha quasi 70 anni)
  2. Le azioni di Extintion Rebellion portano provocatoriamente a situazioni sociali insostenibili che hanno necessità di “calmanti politici” per arrivare ad essere efficaci, che i politici “bravi” elargiscono guadagnando la simpatia dei manifestanti che smettono di manifestare. Dopo aver spero molto tempo risorse, viaggi (ed emissioni) per organizzare le mobilitazioni però poi per le soluzioni concrete ci pensiamo dopo…sia mai che le suggeriamo con la partecipazione.

Tutto molto bello insomma… ma forse parlando di cambiamento climatico “bisogna dirla cosi com’è” (cit Greta Thunberg) e sincronizzare “cuore e cervello” per far sentire la propria voce scendendo in piazza, essendo innovativi e cercando di non riproporre – anche involontariamente e in assoluta buona fede -schemi o pratiche politiche che storicamente abbiamo già visto. E che ci hanno portato qua a riscendere in piazza…

Occorre cogliere la sfida della lotta al cambiamento climatico come una “spinta evolutiva” in tutti i sensi che porta a trovare soluzioni nuove al problema – comprese nuove forme di democrazia.

Questo vale sia per le istituzioni che per i movimenti, nella consapevolezza che la soluzione deve essere comune , ossia di comunità. Servono le misure politiche, cosi come l’azione individuale, cosi come l’azione collettiva. Questo perchè il cambiamento climatico è un problema comune a tutti e che riguarda il bene comune. Ossia la terra in cui tutti viviamo e in cui dobbiamo imparare a con-vivere.

Il tutto considerando la dimensione del TEMPO che deve spingere non solo a sottolineare e reclamare l’urgenza ma anche ad attivarsi le strategie piu efficienti efficaci e sostenibili per raggiungere i nostri obiettivi comunitari.

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Di admin

Un pensiero su “Emergenza Climatica, tutto molto bello ma..”
  1. Bravo Domenico. Basta parole anche se sagge. 10 – 12 anni di tempo per avere qualche probabilità di rallentare, forse fermare, questa folle corsa al “cupio dissolvi” sono lo spazio di un battito di ciglia. Quella urgenza inascoltata di ieri è oggi impellenza. È solo l’ora delle scelte e chi ha da perdere fonti di reddito che per decenni lo hanno reso ricco deve accettare il momento dell’interesse per il Bene Comune che poi comprende quello dei propri figli e nipoti.

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