Di Magali Prunai
Ogni 60 ore una donna viene uccisa. Questo vuol dire che in questo momento una qualsiasi donna lavora, studia, gioca con i suoi figli, cammina tranquillamente per le città, organizza un viaggio, una vacanza, sogna e non sa che fra poco il marito, il fidanzato, l’ex compagno, il padre prenderà un’arma e la ucciderà per ricordarle che lui ha potere su di lei, che lui decide della vita e della morte, della sua vita e della sua morte e in quel momento ha deciso per la morte, la sua morte.
Questo è femminicidio. Il femminicidio è una forma di violenza qualsiasi nei confronti di una donna. Violenza di ogni genere: verbale, fisica, psicologica “esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte” (Devoto-Oli 2009).
Il concetto di femminicidio è ormai diventato normale nella vita di ogni giorno, fa parte del linguaggio quotidiano come può farne parte la parola scarpa o bambola. Due parole che non ho scelto a caso, perché chi pensa di poter decidere della vita altrui, in questo caso di una donna, pensa di avere a che fare con una scarpa o una bambola di plastica che quando invecchiano, si rovinano o sono fuori moda le si butta senza troppi complimenti.
Ma perché introdurre nel nostro vocabolario una parola nuova e non usare il normale concetto di omicidio? Normalmente quando si parla di un reato contro una persona, in particolare di azioni che cagionano volontariamente la morte di qualcuno, ci appelliamo appunto al concetto di omicidio. Il codice penale fa inoltre alcune distinzioni se a essere uccise sono mogli per mano dei mariti, uxorocidio, o minori per mano di un adulto, infanticidio. Ma quando a riportare i segni di una violenza, verbale e o fisica, a subire un’agressione, a essere uccisa è una donna o una bambina allora si parla di femminicidio. Femminicidio non è “semplicemente” ed esclusivamente la morte di una donna, femminicidio sono tutte quelle azioni che portano una donna, adulta ma non solo, a cambiare il suo modo di vivere, di pensare, di essere per paura di subire aggressioni, per l’abitudine all’umiliazione verbale e fisica alla quale viene sottoposta ogni giorno.
Occorre precisare, comunque, che il femminicidio non è la morte di una donna in generale. Se una donna esce di casa, attraversa la strada e un automobilista la uccide questo reato rientra nella fattispecie descritta dall’articolo 575 del codice penale, ovvero l’omicidio. Ma se una bambina viene rapita, picchiata, torturata, violentata per ore, uccisa e al suo corpo viene dato fuoco, episodio realmente accaduto, allora questo non può e non deve essere semplicemente omicidio.
Il concetto generico di femminicidio, anche se formulato solo in epoca recente, viene da molto lontano. Infatti fino a non molti decenni fa era pratica comune porre le donne sotto una certa assoggettazione psicologica e all’eventuale ribellione si poneva rimedio attraverso il cosiddetto “delitto d’onore”. Il codice penale italiano prevedeva “l’omicidio o la lesione personale a causa dell’onore”, ovvero un parente prossimo uomo offeso dal comportamento di una parente donna aveva il diritto di aggredirla fisicamente. Si deve aspettare il 1981 perché questa norma venga abrogata e perché venga riconosciuto alla donna di essere un essere senziente, destinataria di diritti e doveri e meritevole di tutela, soprattutto quando si trova in una situazione di forte svantaggio.
Nel 1981 la cultura era cambiata, erano appena passati gli anni delle contestazioni e si guardava al futuro con maggiore positività, speranza e certezza che nel tempo certi argomenti sarebbero stati solo un brutto ricordo del passato. Dall’abrogazione del delitto d’onore a oggi sono passati 37 anni e la società e la sua educazione ha subito un’involuzione preoccupante alla quale si potrà porre rimedio solo attraverso maggiore consapevolezza, maggiori tutele e, soprattutto, maggiore istruzione ed educazione al rispetto.